Il governo algerino, per la prima volta dall’inizio dell’attacco al sito gasiero di In Amenas, ha squarciato oggi il velo sul bilancio ufficiale delle vittime: 37 ostaggi stranieri e uno algerino uccisi, oltre a 29 terroristi di diverse nazionalità: algerina, egiziana, tunisina, maliana, mauritana e canadese.
Un bilancio che peraltro, ha detto il primo ministro algerino, Abdelmalek Sellal, dopo un paio di giorni di totale silenzio su quanto accadeva, potrebbe non essere quello definitivo (e non soltanto perché, a tutt’oggi, mancano all’appello diversi lavoratori stranieri, se sono esatti gli elenchi forniti dalle rispettive ambasciate). Non definitivo anche perché appare ben difficile che nel feroce assalto alle postazioni in cui i terroristi si erano asserragliati, armati anche con razzi e lanciagranate, nessun elemento delle unità speciali dell’esercito algerino sia rimasto ucciso. E di militari algerini nell’elenco di Sellal non ne compaiono. Possibile certo, ma poco probabile perché i giornalisti che hanno visitato oggi il sito parlano di evidenti segni di una durissima battaglia, in cui stati sparati centinaia e centinaia di colpi e di sicuro non tutti contro i terroristi. Ma, al momento, quelle fornite da Sellal sono le cifre ufficiali, così come tali devono essere considerate le notizie su quelli che erano i reali obiettivi degli uomini di Moctar Belmoctar, per i quali la presa di ostaggi era una sorta di ‘opzione B’. Perché, secondo il premier,, i terroristi avevano il solo obiettivo di distruggere In Amenas e così bloccare quasi il 20 per cento delle esportazioni di gas algerine e, soprattutto, spingere le compagnie straniere ad andare via non solo dal sito della provincia di Illizi, ma da tutta l’Algeria, accusata di essersi schierata, con il sì al sorvolo degli aerei francesi, contro gli jihadisti che combattono in Mali. Un obiettivo, a guardare i risultati dell’operazione di bonifica che sta ancora proseguendo nel sito, che è stato a un passo dall’essere raggiunto perché gli jihadisti avevano cercato anche di fare saltare due gigantesche torri contenenti Co2, con gli effetti devastanti che potevano derivare. L’autobomba che doveva servire a questo è esplosa, ma le torri ed il loro rivestimento esterno hanno miracolosamente resistito e oggi i tecnici della Sonatrach hanno rilevato solo delle bruciature e nulla di più. Ma per sicurezza si procederà a ulteriori controlli, nella speranza di potere far riprendere l’attività estrattiva al massimo in un paio di giorni.