È morta a 86 anni Pupetta Maresca. È è scomparsa nella sua casa di Castellammare, dove era nata il 19 gennaio del 1935. Vedova del boss Pasquale Simonetti, detto Pascalone ‘e Nola, e sorella di Pasquale Maresca e Ciro Maresca, detto Lampetiello, è stata protagonista degli episodi più clamorosi della storia della camorra: nel ’55, incinta al sesto mese, uccise a colpi di pistola il presunto mandante dell’omicidio del marito; negli anni ’80 lanciò la sfida a Raffaele Cutolo. Una vita da romanzo, nel bene e nel male, in bilico tra la cruda realtà delle faide e la dimensione fantastica del cinema e della fiction. Assunta detta “Pupetta” era figlia di Alberto Maresca, un pericoloso contrabbandiere, e nipote di Vincenzo Maresca, condannato a sette anni per l’omicidio del fratello Gerardo. A scuola aggredì una compagna e fu incriminata per lesioni gravi: non venne condannata perché la vittima ritirò la denuncia. Era una donna bellissima – vinse un concorso di miss – e quando Pascalone ‘e Nola si innamorò di lei i familiari approvarono il fidanzamento. Il 27 aprile 1955 Pupetta, già incinta, lo sposò. Testimone di nozze fu Antonio Esposito, detto Totonno ‘e Pomigliano, che tre mesi dopo avrebbe ordinato l’assassinio del marito.
Il 15 luglio del 1955 Orlando Carlo Gaetano uccise Pasquale Simonetti. Il 4 ottobre Pupetta – al sesto mese di gravidanza – uccise Antonio Esposito, presunto mandante dell’omicidio. I colpi partirono da almeno quattro pistole: per gli inquirenti, il delitto si inquadrava nella guerra di camorra per la gestione del mercato ortofrutticolo. Il 14 ottobre Pupetta fu arrestata e in carcere partorì il primo figlio, Pasqualino. Condannata a 13 anni e 4 mesi, fu graziata dopo oltre dieci anni di reclusione. Nel 1967 ebbe un’esperienza come attrice cinematografica interpretando il ruolo della protagonista nel film Delitto a Posillipo, diretto da Renato Parravicini, ispirato alla sua vita. Nel film è doppiata da Rita Savagnone ma canta con la sua voce la canzone ‘O bbene mio, scritta da lei. Chiusa la parentesi cinematografica, Pupetta Maresca si dedicò a due negozi di abbigliamento a Napoli, e nel 1970 si innamorò del camorrista Umberto Ammaturo, dal quale ebbe due gemelli, Roberto e Antonella. Nel 1974 il figlio Pasquale fu ucciso in un agguato: il corpo non fu mai ritrovato. Pasquale non accettava la relazione della madre con il nuovo compagno, che lo aveva più volte minacciato. Ammaturo, sospettato dell’omicidio, venne poi assolto per insufficienza di prove. Quando Ammaturo fu arrestato in Perù, con una nuova bellissima e ricca fidanzata, Yohanna Valdez, la Maresca disse: «Per me Umberto non esiste più; resta solo il padre dei miei figli, che gli vogliono bene e lo rispettano come è loro dovere».
Pupetta Maresca fu accusata di essere la mandante dell’omicidio di Ciro Galli (uomo di Raffaele Cutolo), ucciso nel 1981 per vendetta trasversale. Il pm chiese l’ergastolo, ma nel 1985 fu assolta per mancanza di prove. Il 13 febbraio 1982, in piena guerra tra Nco e Nf, Pupetta Maresca indisse una conferenza stampa e minacciò apertamente Raffaele Cutolo e la Nco: «Se per Nuova Famiglia si intende tutta quella gente che si difende dallo strapotere di quest’uomo, allora mi ritengo affiliata a questa organizzazione». Arrestata con l’accusa di aver ordinato l’omicidio di Aldo Semerari, il criminologo e psichiatra che aveva dichiarato pazzo Cutolo, fu poi assolta. Come fu assolta anche da accuse di tentata estorsione ad una banca e di traffico di stupefacenti. Nel 1986 la sezione misure di prevenzione del tribunale di Napoli stabilì che Pupetta era affiliata alla Nuova Famiglia e ordinò la confisca dei beni. Chiusi i negozi di Napoli, si ritirò a Castellammare. Nel 2004 l’appartamento napoletano di Pupetta diventò un ufficio del Comune destinato ai servizi sociali. Nel 2013 alla sua storia verrà dedicata una fiction con Manuela Arcuri. Ma tre anni fa, a chi le chiedeva un commento su Gomorra, Pupetta rispondeva così: «È diseducativa per i bambini. Ho visto una puntata, ma di fronte a certe scene anche io ho spento la tv». E continuava a raccontare: «Io ho fatto un errore nella mia vita: quello di aver ucciso un uomo. Ma se non l’avessi fatto non sarei qui. Lui venne con una pistola, ma anch’io cominciai a girare armata, perché mi minacciava da tempo. Si avvicinò allo sportello della macchina per farmi scendere dall’auto e farmi uccidere dai suoi killer. Cosa avrei dovuto fare? Mi sono difesa, né più né meno. Potevo morire anch’io, ma sparai sei volte con una pistola calibro 7,65 che portavo nella mia borsetta piccola».