L’ex direttore della biblioteca dei Girolamini di Napoli Marino Massimo De Caro si difende dalle accuse che gli sono piovute addosso dopo l’iscrizione nel registro degli indagati per peculato, in relazione alla sparizione di 1.500 volumi antichi. E per quelle sottrazioni punta il dito contro qualcuno che lavorava in biblioteca da molti anni, “che aveva il tempo di scegliere e agire”. In una intervista all’Arena di Verona replica alla contestazioni, a partire dal suo titolo di studio. “Il mio titolo esiste – puntualizza dalla sua casa di Verona, dove sono stati ritrovati tre dei volumi spariti – .Chi afferma il contrario mi denunci, se ne è convinto”.
De Caro non si scompone troppo per gli incarichi congelati, compreso quello di consigliere del ministro Ornaghi, dopo la vicenda giudiziaria che lo riguarda. “Meglio così – taglia corto – mi sento più libero di difendermi”. Dà una sua spiegazione anche alla vicenda dei libri scomparsi. “Sono solito consultare il catalogo delle più importanti case d’asta, da ultimo quello di Christiés – spiega – e a marzo mi accorgo che stanno per finire in vendita volumi marchiati con il timbro della biblioteca dei Girolamini: dopo uno scambio di email con la casa d’arte, io e il conservatore voliamo a Londra”. I libri della biblioteca finiti nei depositi di Christiés sarebbero 28. “Riesco dunque a ottenere la restituzione dei volumi – prosegue – e la casa d’aste li invia nella sua sede di Milano. Delego un amico per recuperarli e portarmeli a Verona. Da qui li avrei trasferiti tutti a Napoli un po’ alla volta”. I tre volumi ritrovati a Verona sarebbero quelli che De Caro non avrebbe fatto in tempo a portare a Napoli prima della perquisizione nella sua casa veronese. L’intera vicenda giudiziaria, per De Caro, va ricondotta ad alcuni dipendenti della biblioteca. “Loro hanno portato alla magistratura i nastri della sorveglianza in cui mi si vede portar fuori dalla biblioteca delle casse. Stavo solo andando a buttare pile di vecchie riviste senza valore”.