Sembra che fossero addirittura una decina, in coppia su cinque moto, tutti armati i componenti del commando che ha teso l’agguato a Genny Cesarano, uccidendolo in piazza San Vincenzo alla Sanità domenica scorsa. Hanno sparato nel mucchio, badando poco alla storia di quelle sagome ferme o in fuga, pensando poco alle loro vite. Hanno agito con un solo obiettivo: fare un’azione di forza, mostrare i muscoli in un territorio controllato dal clan Sequino e poco importa se poi alla fine del raid resta qualcuno a terra. In questi due giorni, sono stati sentiti in Questura amici e conoscenti di Genny, selezionati sulla scorta di informazioni raccolte sul territorio. In sintesi, in questura sfilano almeno quattro potenziali testi dell’agguato di domenica mattina, quelli che sono riusciti a schivare proiettili esplosi da almeno due pistole (refertati due calibri differenti dalla scientifica del primo dirigente Fabiola Mancone).