La sentenza del Tribunale di Napoli che ha stabilito che il redditometro viola il diritto alla riservatezza del cittadino ed è ”al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria” è nata da un ricorso di un dipendente del Comune di Pozzuoli, Aniello Scognamiglio, che lavora all’ ufficio avvocatura del Comune da 25 anni.
“Il redditometro – afferma Scognamiglio – è un atto iniquo che viola la privacy. Anche se il fisco non ha avviato alcuna verifica nei miei confronti ho ritenuto necessario ricorrere per un atto di giustizia. Io lavoro all’avvocatura del Comune da anni ed ho familiarità con la giurisprudenza. Spesso mi confronto con i legali per chiarire i miei dubbi. L’applicazione del redditometro da parte del Ministero delle Finanze l’ho ritenuta subito ingiusta. Da qui il ricorso”. La sentenza depositata martedì dal giudice del Tribunale di Napoli, Valentina Valletta, rispetto all’ordinanza emessa dal giudice Antonio nel febbraio scorso, ha una valenza maggiore in quanto frutto di un processo ordinario che ha seguito una istruttoria completa e non è stata emessa in via d’ urgenza. Un primo ricorso contro il redditometro dell’ Agenzia delle Entrate fu presentato da un pensionato, sempre di Pozzuoli, Giuseppe Follera, deceduto nei mesi scorsi. “La sentenza – aggiunge Scognamiglio – potrà essere impugnata dall’ Agenzia delle Entrate, ma in questo momento non potrà applicare il redditometro nei miei confronti. E siccome la sentenza è estensibile, anche altri cittadini potranno goderne. Sono soddisfatto perché il fisco non può condurre accertamenti indiscriminati e poi i dipendenti pubblici hanno tutto dichiarato alla fonte. Bisognerà pensare ad accertamenti mirati”. L’avvocato, Roberto Buonanno, che ha rappresentato in giudizio l’impiegato comunale, era stato anche il difensore di Giuseppe Follera, segnala il valore dell’ intervento dell’ Ordine degli avvocati di Napoli, ”che è stato volto a salvaguardare i diritti dell’uomo”. Intanto l’ordinanza del giudice Lepre, del febbraio scorso fa già giurisprudenza, ed è stata ripresa da organi tributari diReggio Emilia. “La visibilità totale delle attività e dei comportamenti di tutti i cittadini non é il simbolo di una società aperta, liberale e democratica, ma solo delle peggiori forme di totalitarismo – aggiunge l’ avvocato Buonanno – forme di governo che cancellano la privacy sono quelle che risolvono l’uomo in un cittadino e che, in nome dell’eguaglianza e della giustizia sociale, erodono gravemente le basi delle libertà e dei diritti individuali.