L’ombra del sanguinario capo della Nco è ancora pesante per Ottaviano? La fama di don Raffaele Cutolo, o professore e vesuviano immortalato nell’opera prima di Tornatore «Il Camorrista» affascina ancora un certo segmento di popolazione? E tutto ciò avviene nonostante le amministrazioni comunali degli ultimi decenni, compresa quella in carica ad Ottaviano, abbiano tentato di cancellare persino la consuetudine di appellare quale «il Castello di Cutolo» il magnifico palazzo mediceo ora sede del Parco Nazionale del Vesuvio e scenario di tante manifestazioni culturali e di legalità, acquisito da tempo al patrimonio comunale? Domande alle quali, purtroppo, c’è risposta ed è «sì» vista la paradossale polemica social innescata dalla celebrazione del boss tramite lo scatto di un utente che si fa ritrarre orgoglioso accanto alla tomba di Raffale Cutolo. La didascalia ci riprecipita in un istante nella seconda metà del ventesimo secolo: «Uomo d’onore, è un santo». I commenti sono persino più sorprendenti: «santo subito», «uomo d’onore», «grande uomo».

«Lo ripeto sempre e lo ribadisco adesso – ha scritto Simonetti sulla sua pagina social – chi ancora prova nostalgia per quei tempi è, senza mezzi termini, lo scemo del paese. Sì, lo scemo del paese. Ottaviano è impegnata in un processo di riqualificazione culturale della città e dell’intero territorio, non possiamo permetterci di perdere tempo appresso allo scemo del paese». Una presa di posizione, quella del sindaco, che ha innescato un botta e risposta con la vedova la quale ha chiesto che «Raffaele Cutolo sia lasciato riposare in pace da tutti», pregando di terminare quello che chiama «sciacallaggio mediatico», incalzando «è storia passata, pensate ai giovani della città». Non è storia passata, ma «vergogna recente» per Borrelli che replica: «Bene ha fatto il sindaco a commentare duramente gli omaggi al boss con tanto di selfie sulla tomba. Non mi risulta in alcun modo che Cutolo tenesse i giovani lontani dalla delinquenza.

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