L’andamento della guerra in Ucraina è stabilmente a favore della Russia e per Kiev ottenere nuovi aiuti militari è ormai una questione “di vita o di morte”. Il G7 Esteri, riunito a Capri sotto la presidenza di Antonio Tajani, ha recepito questa urgenza, che si è tradotta nella necessità di accelerare sulla fornitura di sistemi di contraerea. La priorità sono i Patriot e i Samp-T, ha ribadito Dmytro Kuleba incontrando i partner nell’isola. La sfida, ha avvertito il titolare della Farnesina, è impedire la sconfitta di chi difende il proprio Paese, altrimenti Putin da questa posizione di forza “non si siederà mai ad un tavolo” per negoziare la pace. I rischi di escalation in Medio Oriente non distolgono l’attenzione della diplomazia occidentale dall’altro grave teatro di conflitto. Non a caso Tajani ha invitato a Capri anche il collega ucraino Kuleba ed il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, per fare il punto su ciò che serve a Kiev per continuare a resistere all’invasione. La principale novità nel frattempo è arrivata dagli Stati Uniti, perché la Camera ha messo in calendario per sabato il voto sul pacchetto da 61 miliardi che è rimasto bloccato per mesi dai repubblicani. Su questo voto preme soprattutto la Casa Bianca, ha assicurato il segretario di Stato Antony Blinken in un faccia a faccia con Kuleba a margine del G7. Invitando “tutti a fare ogni sforzo per continuare a fornire all’Ucraina ciò che le serve”. Il rinnovato impegno di tutti, è proprio questa la chiave per provare ad invertire le sorti della guerra. Ne è convinto l’alto rappresentante Ue Joseph Borrell, secondo cui “non possiamo contare solo gli Usa e dobbiamo prenderci la nostra responsabilità”. Da qui l’appello a “tirare fuori dai magazzini Patriot e sistemi anti-missile e inviarli in Ucraina”. Kuleba ha confermato che i sistemi di fabbricazione americana e franco-italiana sono la “priorità” per rafforzare l’arsenale: la ragione è che “sono gli unici in grado di intercettare i missili balistici russi”. La principale preoccupazione di Kiev non è la volontà degli alleati, perché gli ucraini “non vedono divisioni”. Per Kuleba “ciò su cui dobbiamo lavorare sono i tempi, e questo è lo scopo principale della mia presenza qui. Far sì che le consegne avvengano il più rapidamente possibile. Domani”. La Germania, che in Europa è il principale donatore potenziale, avendo a disposizione 12 batterie di Patriot, nei giorni scorsi si è già attivata annunciando l’invio di un terzo sistema antiaereo. Anche al G7 Berlino ha rivendicato la sua scelta, ma ha premuto sugli alleati per non rimanere sola in questo sforzo. Stoltenberg, confermando “l’urgenza” del dossier, ha spiegato che la Nato “sta dialogando con alcuni Paesi” oltre alla Germania perché si facciano avanti sui Patriot. Ma l’Alleanza lavora anche su altri sistemi, come i Samp-T, i Nasams o gli Iris-t, mentre i Paesi che ne sono sprovvisti potrebbero fornire supporto finanziario, ha spiegato il segretario dell’Alleanza atlantica, notando “segnali incoraggianti”: nei giorni scorsi si sono mossi Danimarca e Olanda con 4 miliardi di euro per la difesa ucraina. Mentre si sta lavorando con il governo di Kiev per aiutarlo a realizzare fabbriche proprie per produrre armamenti. Segnali positivi sono arrivati anche a Bruxelles. Al termine del Consiglio Ue dei leader, il presidente Charles Michel ha assicurato che su nuove armi all’Ucraina “ci sarà una risposta a giorni o settimane, non mesi”. “Stiamo facendo ogni sforzo possibile, non sono preparatissima sugli strumenti dei quali disponiamo ma sicuramente l’indicazione che ha il ministro Crosetto è quella di fare il possibile”, ha confermato dal canto suo la premier Giorgia Meloni. E per aiutare Kiev resta sul tavolo l’ipotesi dell’utilizzo degli extraprofitti sugli asset russi congelati. Il confronto prosegue, come hanno confermato i ministri finanziari e i governatori delle banche centrali del G7 che si sono riuniti a Washington, a margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale. A premere per questa soluzione sono soprattutto gli Stati Uniti, mentre tra gli europei ci sono posizioni più caute.

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