L’ultima notizia, in ordine di tempo, è quella relativa alle elezioni dei delegati di fabbrica dell’era Marchionne, dalle quali è stata esclusa la Fiom-Cgil, in quanto non firmataria dell’accordo siglato nel 2010 tra azienda e sindacati. Elezioni che hanno consegnato la palma di sindacato più votato alla Fim-Cisl. Nelle scorse settimane, ancora, il gesto eclatante di un ex operaio, licenziato lo scorso giugno, che nel giorno del giuramento del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si legò a una croce di legno davanti all’ingresso dello stabilimento per protestare contro il cosiddetto Jobs act. Siamo a Pomigliano D’Arco e lo stabilimento è lo storico “Giambattista Vico”, protagonista di una storia quarantennale fatta di luci e ombre, tra i riconoscimenti che qualche hanno fa lo premiarono come migliore impianto d’Europa, e le proteste che negli anni hanno segnato la storia della lotta operaria in provincia di Napoli. Una storia che grazie all’impegno e alla sensibilità di Alfonso Volpe, giovane attore e regista pomiglianese, dal piazzale dello stabilimento arriverà nei prossimi giorni sulle assi del palcoscenico, attraverso il racconto di uno degli episodi sicuramente più rappresentativi della catena dei cosiddetti diritti negati ai lavoratori, ma passato meno sotto i riflettori dei media locali e nazionali. Il titolo dell’opera che andrà in scena venerdì 27 febbraio al Teatro Gloria di Pomigliano D’Arco è “L’articolo 1 & i diritti rubati” e racconta l’odissea dei 316 lavoratori Fiat che nel 2008 vennero selezionati e trasferiti dallo stabilimento di Pomigliano ad un reparto fantasma presso l’interporto di Nola. Uniche colpe di questi lavoratori, quelle di essere aderenti a sindacalismo di base, di avere capacità lavorative limitate dalle patologie contratte dal logorante impiego sulle catene di montaggio, e quella di essere bollati come non controllabili in quanto strenui difensori dei propri diritti. In breve, persone indesiderabili. Colpe che hanno condannato questi lavoratori a lunghi periodi di cassa integrazione, e ad un progressivo aggravarsi del disagio economico e sociale non solo per loro, ma anche per le loro famiglie, che in un clima di forte emarginazione è sfociato addirittura in tre casi di suicidio. A nulla sono valse le proteste, i licenziamenti strumentali, e gli atti parlamentari sfociati in una proposta di legge per chiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sull’operato della Fiat, attualmente ferma in Parlamento. Nasce da questa amara presa di coscienza quindi, la necessità di raccontare le ragioni di chi in questi anni è stato vittima di violente forme di discriminazione, e di raccontarlo utilizzando il linguaggio dell’arte attraverso il quale, le testimonianze di Ersilia Sorrentino e Maria Molinari (mogli di cassintegrati Fiat), sono state tradotte nell’opera adattata e diretta da Alfonso Volpe che in tre atti unici, ha sapientemente raccontato la privazione della dignità, del diritto al lavoro e della vita stessa di queste persone.

Vincenzo Viglione

 

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