SOLOFRA “La responsabilità del settore industriale sullo equilibrio socio-economico del Comune è certamente accresciuta nell’ultimo decennio e aumenterà con la creazione della zona industriale e delle nuove zone residenziali … in questo senso, appunto, sarà necessario diversificare le industrie in modo da evitare che una eventuale crisi del settore delle pelli (che già oggi si profila all’orizzonte per effetto delle leggi protezionistiche statunitensi nei confronti delle calzature e dei prodotti della lavorazione delle pelli in genere) possa colpire la maggioranza degli abitanti di quel Comune, frustrando anche la finalità dell’intervento pubblico di progetto”.


Già agli inizi degli anni ’70, l’arch. Marcello Angrisani e l’ing. Renato Di Martino – relatori della Variante al Piano Regolatore Territoriale del nucleo industriale di Avellino (dove per la prima volta viene ‘pensato’ l’agglomerato industriale di Solofra) – avevano ‘intuito’ i cambiamenti economici, sociali e culturali che avrebbero investito il territorio solofrano e sottolineato l’importanza di ‘diversificare’ e le responsabilità della classe imprenditoriale locale sullo sviluppo strategico della città. Una testimonianza storica che si traduce in un prezioso sostegno all’attività di studio e ricerca dell’Associazione T.e S.I. (Tutela e Sviluppo Integrato), nell’ottica di offrire un contributo al territorio solofrano per un rilancio dell’area industriale.

Quando si tratta di ripensare a ‘pezzi’ del proprio territorio si vira inevitabilmente verso una loro pianificazione, o meglio, visti gli attuali assetti e gli strumenti regolatori, una necessaria rigenerazione. In questo senso, si registra il parere dell’arch. Giancarlo Priori, già docente alla Facoltà di Architettura di Napoli e Roma e presidente onorario dell’associazione TeSI: “I processi di innovazione, soprattutto sotto l’aspetto tecnologico e di linguaggio, danno vita a processi di superamento precoci, richiedendo strategie e metodologie che chiamano in causa i paradigmi della contemporaneità, della sostenibilità e del costruire.

In una situazione in cui le trasformazioni socioeconomiche degli ultimi decenni hanno favorito non solo l’accentuazione delle disuguaglianze, ma anche un progressivo indebolimento dell’attivismo sociale e politico (e dell’elemento su cui principalmente si basa il rapporto fra l’urbanistica e la comunità), la rigenerazione urbana rappresenta l’occasione per risolvere problemi come l’assenza di identità di un quartiere, la totale mancanza di spazi pubblici e l’elevata densità edilizia che rende impossibile gli allargamenti delle sedi viarie, la realizzazione di aree verdi e perfino la messa a dimora di alberature lungo i marciapiedi.

E’ quanto mai necessario governare il territorio con strumenti urbanistici adeguati e programmi che, oltre alla riqualificazione urbanistica ed edilizia, con utilizzo di materiali sostenibili e ricorso a energie alternative, favoriscano l’eliminazione del disagio sociale conseguente allo sviluppo che ha caratterizzato il secondo dopoguerra, con interventi che hanno risposto quasi esclusivamente alla speculazione edilizia ed alla rivalutazione della rendita fondiaria. In questo scenario diventa fondamentale la razionalizzazione/riconversione e conseguente valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente.

Gli ultimi strumenti normativi, ed in particolare le diverse edizioni del Decreto Sviluppo a partire dalla Legge 106/2011, hanno puntato sulla semplificazione dei procedimenti amministrativi fermo restando la necessità dell’inevitabile passaggio in Consiglio Comunale per i procedimenti di maggiore complessità quali quelli che vanno ad intersecare competenze comunali e sovracomunali sul terreno della compatibilità e complementarità nei casi di variazioni d’uso. Queste innovazioni normative sono opportunità da cogliere per lo sviluppo dei territori facendosi promotori di iniziative pubbliche tese alla pianificazione, passando anche attraverso l’analisi dei casi specifici, ma solo in via temporanea, sino alla definitiva adozione dei piani regolatori e dei loro regolamenti attuativi. La tutela del bene comune si realizza soprattutto con azioni di prospettiva futura”.

 

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