Non è cambiato sostanzialmente molto per i 1350 lavoratori della Whirlpool che rischiano di perdere il posto di lavoro alla luce del piano industriale presentato dalla multinazionale americana al tavolo con il governo. Il piano prevede investimenti per 500 milioni in quattro anni ma anche 1350 esuberi, da fare dopo il 2018, e la chiusura di due stabilimenti, tra cui quello di Carinaro, e un centro ricerca. In una nota l’azienda ha ribadito che “questo è il miglior piano per garantire un futuro sostenibile e una presenza in Italia duratura nel tempo” aggiungendo però di essere disponibile “ad esplorare tutte le soluzioni e gli strumenti per minimizzare l’impatto sociale del piano”. Cose già dette durante l’incontro della scorsa settimana, quello interrotto dalle delegazioni sindacali, le quali avevano rifiutato qualsiasi confronto su un piano che si fonda su ammortizzatori sociali e licenziamenti. L’ad Castiglioni, secondo quanto battuto dalle agenzie, si è detto disponibile a discutere di tutto il piano, compresa la chiusura di Carinaro, premettendo, però, che per l’azienda questo è il miglior piano possibile. Sarà dunque particolarmente difficile far cambiare idea all’azienda nonostante il tavolo di confronto convocato per il 5 e 8 maggio. Servirà tutta la determinazione dei lavoratori e la miglior diplomazia sindacale per rivedere una decisione che di fatto e già stata presa. Whirlpool, spiega ancora la nota, ha confermato di essere disposta ad onorare l’impegno di non procedere a licenziamenti unilaterali sino alla fine del 2018, nel rispetto del Piano Italia Indesit 2013. Il piano identifica circa 400 nuovi esuberi identificati: dei 1.350 inclusi nel piano, infatti, 940 sono pre-esistenti all’acquisizione di Indesit da parte di Whirlpool. Inoltre una parte degli esuberi totali (circa 400) è ritenuta non strutturale, ciò significa che potranno essere gestibili con gli strumenti di flessibilità e potranno essere riassorbiti in un secondo momento. Nel dettaglio poi il piano prevede la chiusura dello stabilimento di Carinaro, con 815 dipendenti per la bassa capacità utilizzata dagli stabilimenti in Italia e la necessità di specializzare ogni impianto su specifiche piattaforme di prodotto. Nel piano si prevede poi l’accorpamento dell’impianto di Albacina (AN) con quello di Melano (AN) a 8 chilometri di distanza, con la produzione che crescerà da circa 800.000 pezzi all’anno a oltre 2 milioni. Prevista anche la chiusura del centro ricerche di None (TO). Al contrario saranno rafforzati lo stabilimento di Siena dove saranno portate alcune produzioni estere e quello di Cassinetta di Biandronno (VA) con 2 milioni di unità prodotte annualmente tra forni, microonde e frigoriferi da incasso e la possibilità di incremento dei livelli occupazionali nel tempo in futuro. Sarà spostata in Italia anche la produzione di lavasciuga che passerà al sito di Comunanza (AP), insieme alla produzione delle lavatrici di alta gamma. Confermato anche lo stabilimento di Napoli che dà lavoro a 550 dipendenti. Intanto l’apertura viene accolta con soddisfazione da governo e sindacati ma bisognerà attendere qualche giorno per capire se c’è la reale volontà di rivedere il piano o se si tratta soltanto di una mossa per prendere tempo e sfiancare i lavoratori in lotta.