“Mentre le vendite di prodotti non alimentari crollano a maggio del 3,1 per cento, quelle per cibo e bevande crescono dello 0,2 per cento tendenziale. Ma certo non si tratta di un dato positivo e incoraggiante, anzi. Vuol dire che, a causa della crisi, le famiglie non solo rinunciano a comprare il cosiddetto ‘superfluo’

– dai vestiti alle scarpe, dai giocattoli agli elettrodomestici, dai libri ai profumi – ma mantengono comportamenti d’acquisto improntati al massimo risparmio anche per i beni di prima necessità, sul fronte irrinunciabile che attiene alla tavola”. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando il report sul commercio al dettaglio diffuso oggi dall’Istat. Così i consumi alimentari restano fermi, stagnanti. Dopo il tonfo del 2 per cento l’anno scorso -osserva la Cia- le previsioni per il 2012 sono ugualmente negative, con la spesa pro capite per il reparto tornata ormai sui livelli di quasi trent’anni fa. Gli italiani hanno il portafogli vuoto: la pressione fiscale alle stelle, la perdita netta del potere d’acquisto, il “caro-benzina” e la disoccupazione galoppante hanno portato le famiglie a cambiare completamente stili e abitudini al supermercato. Secondo i nostri ultimi dati infatti -sottolinea la Cia- il 65 per cento delle famiglie compara i prezzi con più attenzione; il 53 per cento gira più negozi per cercare sconti, promozioni commerciali e offerte speciali e il 42 per cento preferisce le grandi confezioni, vale a dire il “formato convenienza”. Ovviamente, in questa ricerca del prezzo più basso, dei 3X2, vince sempre la Gdo rispetto alle salumerie, ai macellai, alle botteghe di quartiere. Una tendenza che va avanti da tempo e che trova conferma anche a maggio -conclude la Cia- con le vendite nella Grande distribuzione che segnano più 1,9 per cento, mentre i piccoli negozi perdono per strada il 2,5 per cento.

 

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