L’ottimismo del governo si spegne sul nascere. L’obiettivo di crescere dell’1% quest’anno, appena rivendicato dal ministro dell’Economia, anziché avvicinarsi ora si allontana. A poche ore dalle rassicurazioni di Giancarlo Giorgetti ai microfoni di Bloomberg, l’Istat rivede i conti al ribasso. Il Pil già acquisito per il 2024, in base all’andamento dei primi due trimestri, si affloscia dal +0,6 al +0,4%. Significa che nella seconda parte dell’anno, dovremmo avanzare di oltre mezzo punto sia nel trimestre estivo che in quello autunnale, per arrivare al +1%. Improbabile, a leggere le previsioni degli operatori su un’estate fiacca. A tradire è stato soprattutto il potere d’acquisto delle famiglie, cresciuto molto meno delle attese. L’assetto dei conti pubblici dunque si complica. Così la manovra. La narrazione trionfale del governo non regge più. La giornata parte male. Le stime Istat relative al secondo trimestre diffuse ieri in mattinata mostrano un quadro diverso rispetto a quello comunicato dallo stesso Istituto a luglio. Rivedere le stime trimestrali, in casa Istat, è routine. Questa in particolare tiene conto anche dell’altra importante revisione annuale del 23 settembre. Istat però inciampa in un refuso. Dice dapprima che la crescita acquisita per quest’anno non cambia rispetto a luglio: +0.6%. Qualche ora dopo si corregge e mette +0,4%. Un errore di “macchina”, spiegano gli statistici. Che non intacca le altre tabelle. La conclusione è netta. Il periodo tra aprile e giugno è andato meno bene di quanto si pensava a luglio (+0,6 anziché +0,9% sul 2023). E dunque il Paese ha messo meno fieno in cascina di quanto sperava il governo.

L’impatto sui conti
Una pessima notizia. Mancare l’obiettivo di crescita dell’1% per quest’anno significa compromettere anche il prossimo fissato dal governo a +1,2%. Già l’Ufficio parlamentare di bilancio, nelle sue prime valutazioni sul nuovo Piano strutturale di bilancio (ora in Parlamento), valutava come ottimistiche le stime del Pil. Qualche giorno fa Prometeia ha detto che l’Italia crescerà solo dello 0,8% sia quest’anno che il prossimo. Il 30 ottobre l’Istat comunicherà l’andamento del terzo trimestre, la prova del nove. Allora sapremo quanto lontano è il +1%. Confcommercio stima zero crescita tra luglio e settembre. Confindustria dice che i servizi hanno frenato in quei tre mesi, anche se l’industria sembra calata meno. Non un quadro roseo.

Famiglie in difficoltà
Il segnale che viene dalle famiglie pesa. L’inflazione ha fiaccato i redditi. Il rinnovo di alcuni contratti nazionali, pur restituendo ossigeno, non basta. La febbre dei prezzi in discesa, come i tassi della Bce, aiutano. Ma l’erosione del potere d’acquisto, che pure cresce da sei trimestri, ha segnato i bilanci familiari più di quanto pensiamo.

Le esportazioni non tirano come prima. L’industria è in palese difficoltà. E il governo si presenta con un Piano di bilancio che per i prossimi anni di fatto taglia la spesa pubblica in termini reali, tenuto cioè conto dell’inflazione: scuola, sanità, investimenti. Un’austerity che dalle tabelle del ministero dell’Economia presto scenderà nella vita delle persone.

I sacrifici
Non è un caso che il ministro Giorgetti parli di «sacrifici per tutti». E si spinga a chiedere miliardi alle imprese che fanno utili per coprire quanto manca alla manovra. La coperta è corta. Anche eccedere con tagli di spesa alla Pubblica amministrazione può essere deleterio.

La situazione dell’Istat
Lo dimostra l’inciampo di ieri dell’Istat, un Istituto che negli anni ha perso molto personale, da 2.400 a 1.915 dipendenti. Il settore della contabilità nazionale è sotto forte stress. Da fine agosto si lavora in modo serrato, per gestire un milione di dati e aggiornare la contabilità.

I sindacati da tempo denunciano carichi di lavoro eccessivi, pochi concorsi, scarso turn over, disorganizzazione delle gare, sedi con problemi di vivibilità, strumenti informatici obsoleti, un sistema gestionale inadatto. E rilevatori sottopagati, anche per una gara Consip che ha fatto risparmiare soldi allo Stato. Peggiorando le condizioni di lavoro di chi le statistiche le produce ogni giorno.

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