AFRAGOLA – Saracinesche abbassate e lotta sempre più dura contro il piano industriale dell’Unicoop Tirreno che è pronta a cedere al gruppo Catone i cinque supermercati presenti sul territorio della Regione Campania.

E’ sempre più duro il braccio di ferro tra i lavoratori Coop e l’azienda che già nella giornata di ieri ha prodotto la chiusura degli ipermercati di Quarto, Avellino e Afragola (la Coop in Campania ha anche un supermercato al Vomero e uno a Santa Maria Capua Vetere per un totale di 662 dipendenti diretti e 300 nell’indotto). Proprio l’Ipercoop presente al centro commerciale Le Porte di Napoli è stato il fulcro della protesta. I lavoratori, dopo un presidio all’ingresso della struttura, hanno anche bloccato per diverso tempo il vicino asse mediano.Ironici e polemici gli striscioni aperti dai manifestanti: “Coop: vendesi a prezzo equosolidale” e “in Italia la Coop sei tu ma in Campania non c’è più” solo per citare i più eclatanti.

“La Coop in Campania – scrive il sindaco di base Usb lavoro privato – non ha mai esercitato quella funzione sociale così fortemente declamata nelle pubblicità… Anzi, al pari di altri marchi, è andata solo ad occupare un territorio per ragioni puramente speculative. Qui sta il fallimento del progetto, qui sta la ragione della macelleria sociale già vista in analoghe situazioni sul territorio, in una terra in cui la crisi si è sommata alle già disastrose condizioni strutturali ed in cui l’occupazione e’ l’unico antidoto alle attività illecite”.

“Sono anni -continua la nota – che si perde il fatturato in Campania e nel Lazio, offrendo un servizio pessimo a soci e clienti, senza avere un progetto capace di invertire la tendenza, ora la cooperativa vorrebbe scaricare le colpe di una classe dirigente inadeguata sui lavoratori, una riproposizione del malgoverno del paese che scarica i suoi errori su milioni di cittadini, mantenendo i privilegi della casta e aggredendo i salari, le pensioni, il diritto di cura, del reddito, dell’abitare e aumentando le tariffe alle famiglie sempre più in crisi, un modello che noi non accettiamo e rispediamo al mittente, un modello che non ha nulla a che vedere con lo spirito cooperativo, un modello che oltretutto non ottiene alcun beneficio a livello commerciale”.

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