NAPOLI – “Oltre 5mila imprese napoletane rischiano la chiusura a causa della stangata Tares, le cui tariffe sono più che raddoppiate rispetto alla vecchia Tarsu per categorie come bar, ristoranti, pasticcerie, fioristi, pescherie, ortofrutta. Chiediamo l’immediata apertura di un tavolo di confronto con il Comune”. Lo ha detto Pietro Russo, presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia della Provincia di Napoli. “Il nostro allarme non è stato ascoltato, ed ora un ristorante di medie dimensioni, per fare un esempio, sarà costretto a pagare una Tares di circa 16mila euro rispetto ai 7mila della vecchia Tarsu, mentre un piccolo locale passa da 2500 a 5200 Euro. Stabilimenti balneari e ristoranti di maggiori dimensioni pagheranno fino a 30mila euro l’anno. Un piccolo negozio di fiori passa da 1300 a 3400 Euro. Cifre insostenibili in un momento di crisi drammatica”.
“Le categorie – continua Russo – sono in stato di agitazione e se non arriveranno risposte non escludiamo ogni altra forma di protesta. Oltre al danno, c’è la beffa, perché le nuove tariffe sono il doppio o in certi casi addirittura il triplo di quelle in vigore in altri grandi Comuni italiani, come Milano, Firenze e Bologna, a fronte di un servizio assolutamente carente. L’Amministrazione Comunale – che finora ha eluso ogni confronto – ha il dovere di spiegare alla città le motivazioni di tali costi”. Secondo Salvatore Trinchillo, presidente Fipe “Ormai i margini di guadagno sono ridottissimi: le aziende fanno fatica a pagare gli stipendi a fine mese, non sono in grado di mettere da parte in poco tempo 10mila o 20mila euro per pagare la Tares. E’ assurdo che le imprese debbano indebitarsi ancora per pagare le tasse. Tante aziende si troveranno di fronte all’alternativa di ridurre il personale o cessare l’attività. In tal modo diminuirà la qualità e la varietà dell’offerta in un settore che è determinante per il Turismo. E’ così che l’Amministrazione Comunale pensa di rilanciare il Turismo? Facendo chiudere le imprese che rappresentano la bandiera dell’ospitalità e dell’enogastronomia partenopea? Si tratta di un vero e proprio atto di autolesionismo ai danni del futuro della città”.