Non studiano, non lavorano, non sono felici. Si sentono invisibili, intrappolati in una bolla di angoscia: la convinzione è quella di essere dei falliti, perché non riescono a superare gli esami all’università, perché non sono in grado di trovare un impiego. In realtà, nella maggior parte di casi, non hanno gli strumenti per farlo: nessuno ha insegnato loro come compilare un curriculum, come effettuare un colloquio, come capire quale facoltà scegliere. Si sentono grandi, ma non hanno ancora chiaro cosa potranno fare da grandi. Negli ultimi anni, quella dei giovani che si trovano in una fase di stallo, è diventata un’emergenza nazionale. Si tratta dei Neet, acronimo di Neither in Employment nor in Education or Training. I numeri sono ancora più preoccupanti dopo due anni di pandemia, complici la didattica a distanza e il lockdown. A dimostrarlo è l’ultimo rapporto Education at a glance dell’Ocse, che evidenzia come le chiusure prolungate delle scuole abbiano lasciato segni profondi, accrescendo il divario tra l’Italia e il resto d’Europa per numero di Neet. I ragazzi tra i 15 e i 29 anni che hanno messo la vita in pausa, sono aumentatati nel nostro Paese, passando dal 22,1% del 2019 al 23,3% nel 2020, si legge nelle statistiche Eurostat. È il dato peggiore in Europa. Stiamo parlando di 2,1 milioni di giovani, in aumento di 97mila unità sul 2019. Per le donne la percentuale è più alta, sale al 25,4%, mentre per gli uomini è al 21,3%. Ora il Governo ha deciso di intervenire: un decreto congiunto dei ministeri del Lavoro e delle Politiche giovanili ha dato il via al Piano Neet, che prevede tre macro fasi: emersione, ingaggio e attivazione, con l’introduzione di sportelli giovani nei Centri per l’impiego, una campagna informativa itinerante, un supporto, programmi dedicati. «Dobbiamo coinvolgere i ragazzi, spronandoli con azioni concrete», ha detto il ministro Fabiana Dadone. La campagna informativa sarà fondamentale. La mancanza di strumenti di conoscenza è una delle problematiche principali: molti ragazzi, soprattutto quelli che si trovano in condizioni di difficoltà o di disagio, non sanno che esistono realtà che li possono aiutare a riemergere. La Onlus ActionAid Italia, per esempio, dal 2014 porta avanti un progetto che ha come obiettivo quello di coinvolgere i Neet in un percorso che li porti a scoprire talenti, competenze e desideri, e che abbia come sbocco l’indipendenza.
Si chiama Lavoro di Squadra, è nato per prevenire e contrastare la povertà giovanile, ed ha intercettato in tutto 650 ragazzi. Fondamentali sono i laboratori, i corsi, gli allenamenti motivazionali, gli incontri formativi e pratici: imparare a scrivere un curriculum, a sfruttare i social per cercare un impiego, ad affrontare un colloquio di lavoro. «Uno dei passaggi più complicati – spiega Chiara Parapini, responsabile del progetto Lavoro di Squadra – è intercettare questi ragazzi. Si tratta di giovani complessi, che spesso non riescono a chiedere aiuto, perché non sanno di poterlo fare. Non sono inseriti in progetti scolastici e non sono supportati da centri per l’impiego: sono ragazzi e ragazze invisibili». Per questo è importante la collaborazione con realtà territoriali, servizi sociali, centri di aggregazione giovanile. Quella dei Neet è una categoria eterogenea, spiega ancora la Parapini, «si va dagli inattivi ai ragazzi che hanno interrotto gli studi, magari perché hanno sbagliato percorso e si sono trovati ingabbiati. Il nostro scopo è creare una rete di contatti e di opportunità, e fare informazione. Questi giovani non conoscono minimamente i servizi territoriali che potrebbero supportarli».