Sì a un accesso più semplice allo smart working per i neoassunti in ministeri, enti pubblici non economici e agenzie fiscali (le cosiddette Funzioni centrali della pubblica amministrazione). Ancora lontane, invece, le posizioni sull’aumento degli stipendi. Sono le novità che arrivano dal confronto tra l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e i sindacati: un faccia a faccia destinato a ripetersi il 28 ottobre, quando proseguiranno le discussioni sul rinnovo del contratto per il periodo 2022-2024, che tocca la vita professionale di oltre 190mila persone. L’obiettivo è chiaro: aumentare l’appeal dell’impiegato pubblico e frenare l’emorragia di potenziali candidati a un posto nella Pa quando la scrivania è nelle grandi città del Nord. Perché da quelle parti il costo della vita più alto tiene lontane le nuove leve. Sul primo fronte, “nella definizione del contratto integrativo – si legge nella bozza corretta rispetto all’ultima riunione – le parti valuteranno l’adozione di strumenti volti a favorire l’inserimento del personale neoassunto quali, ad esempio, politiche di welfare e/o accesso al lavoro a distanza”. È l’apertura a uno smart working più accessibile. Su tutto il resto il negoziato è ancora aperto. Soprattutto sugli aumenti in busta paga. Al momento, la proposta messa sul tavolo dall’Aran prevede aumenti della retribuzione tabellare che vanno dai 110,40 euro per gli operatori ai 193,90 per le elevate professionalità. Il 7,2% per cento in più. Troppo poco per i sindacati, visto che – osservano loro – nel triennio 2022-2024 i prezzi sono saliti di circa il 15%. Una timida apertura c’è. A livello della contrattazione di sede, infatti, per ogni area è stata prevista la possibilità di stabilire dei differenziali, “segnando – riconosce la Uil – un indubbio passo in avanti”. Ma comunque questo non basterà a colmare il gap. Il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, anche davanti all’abbandono del tavolo da parte dell’Usb, si è detto fiducioso sulla possibilità che si arrivi a un accordo entro il 2024, ultimo anno di vigenza del contratto.

“La trattativa per il rinnovo del contratto – commenta il segretario nazionale Fp-Cgil, Florindo Oliviero – rischia di finire su un binario morto se il ministro per la Pa, Paolo Zangrillo, e il governo non si decidono a mettere a disposizione le risorse necessarie per garantire l’adeguamento dei salari all’inflazione. Siamo sempre fermi al punto che lo stipendio di un funzionario, nel triennio 2022-2024 ha avuto una svalutazione da inflazione pari a 290 euro e il recupero proposto dall’Aran si ferma a 141 euro. Basta parlare del governo che fa i contratti in tempi più rapidi dei precedenti. I contratti si fanno quando sono dignitosi e questo non lo sarebbe”. “Per noi elemento dirimente per la sottoscrizione – dice il numero uno della Uilpa, Sandro Colombi – è la disponibilità di nuove risorse economiche. Responsabilmente continueremo la trattativa in Aran fino all’ultimo giorno possibile, ma nel frattempo scenderemo in piazza il 19 ottobre per l’ennesimo grido d’allarme sullo stato di salute dei servizi pubblici e per risvegliare le coscienze di chi ci governa affinché provveda a investimenti degni di questo nome a favore delle Funzioni centrali”. Per il nuovo set di questa partita bisogna aspettare venti giorni.

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