di Mario De Michele

“Houston, abbiamo un problema”. Il problema della navicella civica di Franco Matacena è proprio quello di essere civica. Un peccato originale commesso prima del voto, quando è prevalsa l’impostazione di Giovanni Zannini del fantomatico “raggruppamento di amici”. Se alla Provincia di Caserta e in molti comuni di Terra di Lavoro il “modello” del consigliere regionale ha in qualche modo retto, ad Aversa è apparso inadeguato fin dall’inizio, come un vestito stretto che presto si sarebbe scucito. Immaginare di governare la città normanna prendendo a calci nel sedere la politica si è rivelato profittevole per vincere facile ma è stata una iattura per amministrare una comunità di quasi 60mila abitanti. Senza il filtro della politica sono state candidate persone utilizzando il bilancino dei voti, prescindendo da ogni valutazione di qualità. La scelta unicamente quantitativa, quella della vittoria a ogni costo, a discapito di quella qualitativa, ha prodotto una squadra di non governo. I presunti amici si sono trasformati, com’era ampiamente prevedibile, in acerrimi nemici quando si è trattato di prendere decisioni sul presente e sul futuro della città. Cestinare in partenza la politica, intesa nel suo senso etimologico, e i partiti, corpi intermedi indispensabili ma indentificati frettolosamente come il male assoluto, ha determinato un corto circuito istituzionale. E così l’amministrazione impolitica di Matacena continua a manifestare l’assenza di una “visione complessiva”. Manca una piattaforma solida su come affrontare e risolvere i problemi. Un’amministrazione quantitativa e non qualitativa non è proiettata al domani. “Hic et nunc” è il suo orizzonte stretto, costellato da incompetenza e incapacità. In questo solco non sorprendono affatto il prevalere di personalismi e l’affermarsi di interessi di bottega su quelli generali.

La mela del peccato è stata azzannata già durante il parto lungo e travagliato della composizione della giunta. Il principale peccatore il sindaco Matacena. Che ha assistito alla spartizione delle poltrone come se fosse un osservatore esterno con l’unico obiettivo di portare a casa l’ingresso nel team di governo di Mariano D’Amore, senza rendersi conto del disastro annunciato di un esecutivo nato sui numeri, la quantità, e non sulle competenze, la qualità. In quella fase cruciale, fondamentale per partire con il piede giusto, Matacena si è comportato da commercialista, anzi da ragioniere. Non si è opposto al metodo cencelliano prediletto dagli amici-nemici. Ma, per mutuare una frase cara ai parigini, “Aversa… è Aversa”. Pensare di amministrarla consentendo ai capi dei gruppi civici di imporre a tavolino assessori e deleghe dicendo “avanti a chi tocca” è stato un errore madornale. Governanti scelti gettando i dadi. Ecco la sciagura dell’impolitica. La forza dei numeri tout court. La quantità prima di tutto. Poi “speriamo se me la cavo”. E quindi Alfonso Oliva ha incassato, come un diritto naturale, la delega di vicesindaco già prima del voto per aver tradito il suo ex partito Fratelli d’Italia, ma soprattutto per vincere in sicurezza. E quindi nell’esecutivo si sono ritrovati assessori non all’altezza del compito. E quindi in 8 mesi di governo il fallimento totale. Ormai non lo negano nemmeno gli stessi artefici del fallimento.

Ovviamente il peccato originale trae origine dalla formazione delle liste. Dentro i candidati portatori di pacchetti di preferenze che, per carità in democrazia non è una colpa, ma se ai voti corrisponde il nulla, o quasi, non suscita stupore, anche se dovrebbe, il livello bassissimo del consiglio comunale. Rispetto a cotanta inadeguatezza “i dilettanti allo sbaraglio”, di cui si riempiva la bocca l’allora oppositore Oliva, sono equiparabili a De Gasperi, Pertini e Berlinguer. Nell’ultima assise si sono riviste scene di ordinaria follia con uomini e donne in preda a una crisi nervi da far invidia al migliore Almodovar. Una maggioranza completamente allo sbando, senza capo, né coda. E soprattutto senza meta. Roba da Totò e Peppino a Milano: “Per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”. Bella domanda. Dove sta conducendo la città il “modello” Zannini dei quattro amici al bar? A sbattere. Che fare? Non è complicato perché è obbligatorio. Matacena deve azzerare la giunta, nominare assessori tecnici con sensibilità politica e pretendere la massima disciplina, dentro e fuori il civico consesso, dai consiglieri di maggioranza. Squadra perdente si cambia. Altrimenti sarà un’agonia per il sindaco e per la città. Un’agonia più o meno lunga, ma pur sempre un’agonia. Perché Aversa è… Aversa. Matacena dovrebbe saperlo. Se non alza l’asticella sarà risucchiato nel baratro di una coalizione civica che una volta toccato il fondo continuerà a scavare.

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