di Luigi Fadda In un’era in cui le ideologie sembrano offuscarsi fino quasi a confondersi, è difficile orientarsi nella scelta del soggetto cui affidare il delicato compito di traghettare il nostro Paese lontano dalla crisi. Ecco quindi che l’elettore medio, un tempo abituato ad utilizzare la bussola dell’ emotività, ha di recente, nell’esercizio della sovranità popolare, maturato scelte fondate quasi esclusivamente sull’ apparente credibilità di un personaggio politico, sul suo carisma e sulla sua capacità di mediare.
Il candidato leader diventa allora uno show man, un’alternativa convincente, una mossa vincente. Ma nella pratica la sua funzione si risolve in pratiche che poco hanno a che vedere con l’attività di governo come descritta dalla nostra Carta, limitandosi a comporre il mosaico degli opposti e confliggenti interessi, quest’ultimi nella maggior parte dei casi manovrati da egoistici particolarismi, o, più di frequente, dal puro e semplice desiderio di governare piuttosto che dal vincolo (almeno) morale del perseguimento dell’interesse pubblico e della realizzazione di un’idea (la propria idea) di paese.
Si aspira al governo al solo fine di governare, prescindendo da qualsiasi base ideologica.
E, nel contempo, quasi a giustificare questa inarrestabile involuzione politico-culturale, tutto si semplifica.
Si semplificano i concetti, scompaiono le barriere ideologiche ed i relativi conflitti; si lascia spazio, viceversa, ad un’idea lineare, sintetizzatrice, unica: il pensiero unico.
Così la frammentazione delle ideologie che ha caratterizzato per decenni l’esperienza repubblicana d’improvviso diventa un lontano ricordo, perchè la reductio ad unum risulta più comoda e praticabile, e ciò per la sua naturale tendenza a sopprimere il senso critico e le sue conseguenti implicazioni.
Ma se, da un lato, ciò genera – almeno in teoria – indubbi vantaggi dal punto di vista della governabilità, dall’altro determina l’impoverimento delle coscienze e del senso di responsabilità di coloro che ricoprono incarichi pubblici.
Se, infatti, la mancanza di valori percepiti come vincolanti dalla comunità può portare a degenerazioni sociali o addirittura alla delegittimazione di qualsiasi ordine precostituito, anche l’assenza di un’ àncora ideologica “disorienta” i rappresentanti della Nazione, inducendoli a porre in essere scelte fondate sul mero opportunismo politico piuttosto che sul Principio politico.
Il pensiero unico logora perchè estirpa le radici che un tempo affondavano nel fertile terreno della democrazia.
Il pensiero unico logora perchè addormenta la speranza, rade al suolo i sogni, privilegia una visione materialistica e sommaria del mondo.
Il pensiero unico splende oggi ancor più prepotentemente, ed i più grandi movimenti (meglio: contenitori) politici del nostro tempo non vedono l’ora di dichiarare la nascita dello Stato di Democrazia Monista. Una forma di Stato Assoluto che indossa le vesti del pluralismo minaccia il conflitto costruttivo per lasciare che le istituzioni rappresentative palesino il loro reale intento: omologare e favorire il radicamento del pensiero unico.
Si va oltre la crisi delle ideologie, lasciando che si instauri un vero e proprio regime in cui regna sovrana un’unica ed indiscutibile visione del mondo ed in cui le diverse parti politiche, pur continuando ad indossare casacche di colore diverso, condividono gli stessi interessi e le stesse finalità.
Maggioranza ed opposizione, pur formalmente distinte, e lungi dal favorire la pratica della reale alternanza e del sano conflitto, nella sostanza si fondono, dando così vita a creature ibride a tre teste determinate a consolidare il proprio status di governanti eterni col privilegio dell’immunità dai problemi reali del cittadino comune.
Il Governo trasversale (o del Presidente, o di larghe intese, o di responsabilità nazionale che dir si voglia) sintetizza proprio l’essenza del pensiero unico. Nell’era della Democrazia 2.0 risulta decisamente più semplice sedere allo stesso tavolo piuttosto che contendersi il consenso dell’elettorato; così come è inutile elaborare un valido e convincente programma di governo fondato su un’idea, perchè quell’idea non esiste più.
Ma per quei pochi nostalgici che hanno fatto di un’idea il proprio stile di vita, il pensiero unico è l’arma che massacra la democrazia.
A ben vedere, infatti, Il concetto di democrazia è fondato naturalmente sul conflitto di idee e di visioni del mondo; e quando questo conflitto manca, quando cioè le differenze tra le parti politiche sono rinvenibili unicamente nei simboli e nei leader, crollando la struttura culturale che rendeva ciascun gruppo di individui pensanti e razionali così diverso dagli altri, allora può sicuramente dirsi che non esiste democrazia, o che quantomeno questa sia un fenomeno recessivo.
Benvenuti nello Stato di Democrazia Monista.
Luigi Fadda