di Mario De Michele

Sugli schermi della politica va in onda il sequel di un vecchio classico: “La Casta 2, la vendetta”. La trama di un film già visto dagli italiani si snoda attraverso la somministrazione a piccole dosi di controriforme che trasformano governatori regionali e amministratori locali in sultani e califfi. La rarefazione dei partiti del terzo millennio produrrà una tale personalizzazione che Regioni e Comuni coincideranno di fatto con chi, in quel dato momento storico, li gestisce. Insomma, un ritorno al passato peggiore di quel passato da tutti tanto vituperato da essere preso ad ogni piè sospinto come esempio negativo da non seguire mai più. Ma in politica mai dire mai. Un motto che cela l’apoteosi dell’incoerenza: si può dire tutto e il contrario di tutto. Che in filosofia corrisponderebbe al nulla. Un paradosso. Ed ecco che il primo passo di gambero ci potrebbe essere giovedì 22 febbraio, data in cui in commissione Affari costituzionali al Senato si voteranno gli emendamenti al decreto legge Elezioni, tra cui quello che porta da due a tre i mandati consecutivi possibili per presidenti di Regione e sindaci di grandi città. Non è ancora chiaro se l’emendamento sarà giudicato ammissibile o meno in commissione a Palazzo Madama. Ma il tema è politico, non certo procedurale. Non si tratta di controversia tecnica, ma di volontà politica. La Lega tira dritto: “Sì al terzo mandato”. Fermamente contrari FdI, Forza Italia, Noi Moderati e Avs. Per il M5S non se ne parla proprio. A favore Italia viva. E il Partito democratico? I dem non si smentiscono. Elly Schlein si è sempre opposta. Nelle ultime ore la posizione del numero uno del Pd vacilla. Almeno così si dice. Si deve dar conto alla nutrita componente interna favorevole al terzo mandato. In Campania c’è il caso Vincenzo De Luca. Non sono pochi quelli che lo vogliono governatore in eterno: “Lunga vita al re”. Sul fronte dei primi cittadini Antonio Decaro, presidente dell’Anci nazionale, insiste: “Terzo mandato a tutti i sindaci, anche nei comuni superiori ai 15mila abitanti”. In casa dem il partito dei governatori (di cui fa parte anche Stefano Bonaccini) e dei sindaci è potente. Schlein è quasi accerchiata. Come uscire dall’angolo? Con una mossa politicistica: “Il centrodestra è spaccato, noi non faremo da stampella”. Poca roba per una leader che ai tempi dei gazebo voleva cambiare non solo il Partito democratico ma anche e soprattutto la politica italiana. È l’effetto Pd: un tranquillante che ammansisce anche gli spiriti più irrequieti. Probabilmente Schlein ne dovrà assumere diverse gocce in vista delle Europee, banco di prova decisivo per il suo futuro da segretario. Non accontentare De Luca significherebbe uscire distrutta dalle urne in Campania, terza Regione d’Italia con circa 6 milioni di abitanti, la più grande della circoscrizione Meridionale. Ma assecondare il “cacicco” De Luca è un’arma a doppio taglio: segnerebbe una sconfitta interna con postumi imprevedibili. Il progetto di cambiamento rischierebbe di giungere al capolinea. Un bivio impegnativo per la Schlein: puntare sul risultato nell’immediato alle Europee o guardare al futuro per costruire una casa alternativa al centrodestra per riportare il Pd al governo del Paese? Sul fronte opposto non sono rose e fiori per Giorgia Meloni alle prese con i soliti, fastidiosi diktat di Matteo Salvini. Il capo del Carroccio vuole garantire altri 5 anni di governo del Veneto a Luca Zaia. Non perché gli vuole bene. Ma per tenerlo impegnato sul piano regionale per scongiurare la sua offensiva al partito nazionale. Con Salvini la Lega è sempre più in affanno. Zaia potrebbe portare linfa vitale e disarcionare il Capitano aprendo una fase nuova, più “governista e responsabile”. Al netto dei giochi della Casta 2, c’è una sentenza della Corte Costituzionale che si esprime in questo senso: quando si tratta di organi monocratici, non porre un limite ai mandati va contro il principio dell’equilibrio dei poteri. In linea con gli Ermellini il governo ha inserito il secondo mandato per il premier. Eppure, nello stesso momento in cui è previsto un limite di due mandati per il presidente del consiglio, la Lega, assieme a Iv e pezzi del Pd, sostiene il ragionamento opposto per governatori o per sindaci. Tutto è il contrario di tutto. Ecco a voi la politica italiana. Presto su questi schermi.

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