di Mario De Michele

Sul livello politico degli pseudo-big del Pd casertano il poeta direbbe: “Non so se il riso o la pietà prevale”. Il picco della vacuità è raggiunto in scioltezza da parlamentari da salotto totalmente slegati dai territori e distanti anni luce dai problemi della gente. Tutta fuffa e niente sostanza. “Solo chiacchiere e distintivo”, per citare De Niro-Al Capone. Individui miracolati da una legge elettorale che premia i lacchè romani. Quelli schierati sempre dalla parte giusta, la vincente, per accaparrarsi una comoda e redditizia poltroncina rossa di Montecitorio o Palazzo Madama. Se sul terreno politico il termometro segna -20, la lineetta scende a temperature siberiane quando si approda sul terreno umano e personale. In questo ambito i dem di Terra di Lavoro offrono puntualmente il peggio di sé. Basta mezzo avviso di garanzia o un piccolo guaio giudiziario, a volte nemmeno quelli, ma soltanto “voci”, per relegare nello sgabuzzino degli impresentabili amici di partito di lunghissimo corso. Militanti, dirigenti e amministratori locali, inclusi quelli tra i fondatori del Pd, vengono trattati come lebbrosi destinati all’isolamento.

Mai una posizione pubblica per prenderne le difese, mai uno scatto di reni per dimostrare, almeno una volta, di avere gli attributi. E così anche esponenti di spicco come Carlo Marino sono stati lasciati soli. Sullo scioglimento del consiglio comunale per presunte infiltrazioni camorristiche non si è levata una voce a favore del sindaco di Caserta. Nemmeno i suoi amici ventennali hanno avuto le p… di prendere le sue difese. Neppure una frase di circostanza per dire che per loro Marino “è una persona perbene” e per scommettere sulla sua “innocenza e rettitudine”. Niente di niente. Come se l’apprezzato avvocato fosse già colpevole, comunque e a prescindere. Come se 20 anni di militanza e soprattutto di amicizia fossero orpelli inutili. Roba vecchia da accartocciare e gettare nel cestino.

La pochezza personale di politici di quarta categoria e di uomini senza qualità ha toccato il culmine dell’indecenza in queste elezioni regionali. D’un tratto Marino è diventato di nuovo “un amico”, di nuovo “una persona perbene”. Per un posto nel parlamentino campano servono i voti. Marino, stimato dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica della città capoluogo, di voti ne sposta in grande quantità. Ed ecco che proprio quelli che un secondo dopo lo scioglimento dell’assise casertana lo hanno mollato come se fosse un appestato hanno avuto la faccia tosta di chiedergli “una mano”. Che squallore. È il modus operandi dei politici d’oggi: chi è in auge viene considerato un amico e una persona credibile, chi vive la parabola discendente diventa un soggetto pericoloso capace di commettere qualsiasi crimine. Siamo ben oltre la doppia morale. Siamo all’assenza di morale.

Marino ha concesso al massimo un caffè ai procacciatori di voti. Ma ovviamente è stato chiaro e lineare con tutti: “Cari amici, sono impegnato h24 nella mia professione, non parlatemi di campagna elettorale, non ho tempo”. Era il minimo. È già tanto che non li ha cacciati a pedate dal suo studio. Se lo sarebbero meritato. Non avrebbero in ogni caso mutato il loro stile di vita. La carriera politica prima di tutto. Anche prima delle persone. Anche prima della dignità. Se questa è la caratura dei big del Pd di Caserta non osiamo immaginare il livello umano e personale dei little dem. Gente che non spiccherebbe in altezza neppure a Lilliput.

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