Un debito con l’erario di quasi un milione di euro, un elenco di soci che hanno perso l’investimento e che sono pronti a dare battaglia in ogni sede legale. E ora anche il faro della procura che vuole capire se si trova di fronte a un caso di bancarotta fraudolenta. I guai per Visibilia Editore, società che aveva come primo azionista (ha dismesso le quote) la senatrice Fdi e ministro del Turismo Daniela Santanché, sembrano appena cominciati. Perché se da diversi mesi è aperta una causa civile, emerge ora che la procura di Milano ha rincarato la dose inviando al tribunale un’istanza di “apertura della liquidazione giudiziale”. Ovvero un’istanza di fallimento che porta con sé l’apertura di un fascicolo penale per bancarotta fraudolenta perché la società “versa in evidente e manifesto stato di insolvenza” si legge nell’istanza. Tutto nasce dall’esposto fatto da alcuni soci di minoranza che avevano investito in Visibilia (quotata sul mercato Egm), presentato a giugno di quest’anno, anche se l’inchiesta è stata aperta solo dopo le elezioni. Investitori che avevano puntato sulla società anche sulla base della garanzia data dal nome Santanché. Al contrario delle aspettative, gli azionisti hanno lamentato di aver assistito a un repentino tracollo del valore azionario, le cui cause sarebbero dovute a “gravi irregolarità nella gestione della società, nonché altrettanto rilevanti omissioni da parte degli organi di vigilanza e di controllo”. Secondo i ricorrenti gli amministratori di Visibilia avrebbero “realizzato operazioni societarie con società correlate di dubbia economicità in uno scenario di forte conflitto d’interessi” e avrebbero “costantemente depauperato il patrimonio sociali e riportando risultati economici sempre negativi ai quali si è fatto fronte sistematicamente con operazioni di aumento di captale sociale”. Secondo quanto annotato dai militari del nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano “Visibilia ha registrato costanti perdite già a far data dall’esercizio 2016” e il ricorso a una serie di prestiti obbligazionari (POC cum warrant) avrebbe portato a un “crack del valore azionario regredito al 99,97 per cento”. La Gdf nche presunte false comunicazioni sociali relative ai bilanci.

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