«Domani gli facciamo rimangiare quella data del 31 dicembre 2025», promette la segretaria del Pd Elly Schlein davanti agli operai in lotta della Beko di Siena. Eskimo verde e sciarpa, accanto il segretario toscano Emiliano Fossi e il governatore regionale Eugenio Giani, pioggia battente sulle bandiere dei sindacati e gli striscioni dei 299 lavoratori di cui ha parlato ieri il Papa all’Angelus, che la proprietà turca della fabbrica di frigoriferi di via Toselli vuole lasciare per strada tra un anno. Schlein stringe le mani di tutti. Un operaio la avvicina: «Tieni Elly, questa è la cartolina coi semi della rinascita che ci dette l’azienda ad aprile quando firmammo l’accordo sindacale: dal ministro Urso. Digli che è falsa come la sua golden power». Schlein parla col microfono davanti ai cancelli e annuncia battaglia in vista dell’incontro al ministero che ci sarà domani, martedì 10 dicembre, al Mimit tra rappresentanti del governo, sigle sindacali e vertici dell’azienda, che nell’ultimo vertice avevano presentato un piano industriale con la dismissione entro la fine del 2025 degli stabilimenti di Comunanza (Ascoli Piceno), Cassinetta (Varese) e Siena ed un esubero di circa 2mila lavoratori, 300 senesi: «O ci stanno prendendo in giro o non sono stati trasparenti nel Governo, sono entrambi scenari gravissimi; ci stanno mentendo» attacca la segretaria Pd portando la sfida sul terreno della politica, contro Meloni e il ministro Urso. Poi abbraccia una donna in lacrime «Tieni duro, alziamo il casino: il Pd non vi molla».
Sono giorni decisivi per la vertenza più difficile di questa fine 2024 in Toscana. Sotto il gazebo montato davanti alla fabbrica parlano sindacalisti e operai: «Se non tirano fuori le palle al governo le tiriamo fuori noi. Che ci buttino fuori, noi faremo casino. Noi ci stiamo mettendo l’anima. Qui qualcuno non si sta vedendo: non so se per ordini di scuderia» attacca Stefano Borgogni delle Rsu sfidando l’amministrazione senese di destra. «Bisogna che il Governo dica la verità, noi saremo al vostro fianco a chiederla, non permetteremo che i riflettori oggi accesi si affievoliscano e si spengano – dice Schlein – ogni volta che avrete bisogno di noi per alzare la voce insieme, per la salvaguardia di questo sito e del futuro del Paese ci troverete al vostro fianco». «Noi chiederemo la cancellazione del 31 dicembre 2025 come data. Non possiamo chiudere le macchine, altrimenti siamo finiti. Se la golden power consente di chiudere uno stabilimento allora non serve a nulla. Lasciateci un tempo di sopravvivenza fino alla reindustrializzazione» invoca Alice D’Ercole della Cgil. Parla l’operaio Aldo Petessi, senese doc: «Il nostro territorio è stato sempre a sinistra. Ma la banca è fallita. Ce l’hanno tolta: Siena è stata tradita. Da chi c’era prima e da chi comanda ora. Qui non si può vivere di Palio e di turismo. Dovete ascoltarci. Nel medioevo qui sono volati i sindaci dalle finestre…» alza i toni. «Se chiude questa azienda chiude Siena. Siamo l’unico manifatturiero vero rimasto in questo territorio» dice Maurizio Matera della Uil.
Arriva anche Dario Nardella, eurodeputato Pd. Si ferma a parlare con gli operai. Ragionano della questione del canone di affitto per lo stabilimento, che Arcelik, la multinazionale turca che ha acquistato da Whirlpool la fabbrica negli anni scorsi, sostiene di pagare ad un fondo di investimento inglese. «Ma il tema è che il governo Meloni deve parlare con il governo turco. Con Erdogan e il ministro dell’industria turco. Non possono comportarsi così» sferza l’ex sindaco di Firenze svelando di aver preso contatti con il sindaco di Istanbul, che conosce personalmente, per arrivare ad Arcelik. «La Toscana è con voi e non vi lasceremo soli. Va cancellata la chiusura del 31 dicembre 2025. Anche perché l’accordo loro lo hanno evidentemente fatto in malafede. Avevano una strategia. Voglio essere a Roma con voi. Voi siete l’espressione di un valore e di una identità della Toscana» garantisce il governatore Giani.