«Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare», dice la procuratrice aggiunta Marzia Sabella. «L’innalzamento dei confini serve solo a non vedere». La requisitoria della procura di Palermo contro l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, inizia in modo chiarissimo: le regole poste durante la drammatica stagione 2019, quando furono bloccati 147 migranti a bordo della nave Open Arms, «furono incapaci di tutelare i diritti». Il sostituto procuratore Geri Ferrara parla di «iter criminoso nel non concedere il Pos, il place of safety». Perché il migrante «ha diritto di arrivare in un porto sicuro. I diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini». Il magistrato ricorda le convenzioni internazionali che «impongono delle responsabilità agli Stati»: «C’è l’obbligo di soccorso in mare». Salvini ha scelto di non essere presente in aula, ma non rinuncia a rilanciare la sua versione con un post sui social: «Oggi a Palermo la pubblica accusa farà le sue richieste al processo che mi vede imputato per sequestro di persona. Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura». Nell’estate del 2019, l’allora ministro dell’Interno alzò un muro nel Canale Sicilia. Non concedendo il “porto sicuro” alla nave di una Ong spagnola che all’inizio di agosto aveva soccorso, nel corso di tre operazioni nel Canale di Sicilia, 147 migranti. Così, partì l’indagine per sequestro di persona, perché – ha scritto la procura di Palermo e il tribunale dei ministri ha ribadito – «Salvini provocava l’illegittima privazione della libertà personale dei predetti migranti, costringendoli a rimanere a bordo della nave per un tempo giuridicamente apprezzabile, precisamente, dalla notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019 sino al 18 agosto 2019, quanto ai soggetti minorenni, e per tutti gli altri sino al 20 agosto 2019, data in cui, per effetto del sequestro preventivo della nave, disposto dalla procura di Agrigento, venivano evacuate tutte le persone a bordo».

«Il principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali – dice il pm Geri Ferrara – Persino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare a conferma dell’universalità dei beneficiari. In questo processo affrontiamo il tema dei diritti dell’uomo, la vita, la salute e la libertà personale che prevalgono sul diritto a difendere i confini». Il magistrato ricorda quando detto dalle Nazioni Unite: «La rotta del Mediterraneo centrale è la più pericolosa del mondo, è dunque prioritaria la tutela della vita dei naufraghi». E ribadisce che «Libia e Tunisia non possono essere considerati porti sicuri, come si è detto in questo processo». E’ la tesi di Salvini. «Ma anche l’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, all’epoca capo di gabinetto del ministro dell’Interno Salvini, ci ha detto in quest’aula che Libia non può considerarsi un porto sicuro». In base delle convenzioni internazionali, ricorda il pm, «in presenza di un evento di soccorso in mare anche i criminali o i terroristi, presunti o reali, non possono essere lasciati in mare. Anche loro devono essere salvati. E, poi, dopo, eventualmente processati». Ma a chi spettava rilasciare il Pos, il place of safety, il porto sicuro? Per la procura di Palermo non ci sono dubbi: «La competenza era del ministro dell’Interno, la modifica era stata legittimamente fatta dallo stesso Salvini, spostando la competenza da un ufficio del Viminale al titolare del dicastero. Ma il rilascio del Pos deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti umani», dice Geri Ferrara, che ribadisce: «La competenza era di Salvini, una condizione che il ministro Piantedosi ha cercato di diluire nella sua deposizione». Salvini ha invocato la difesa dei confini, ipotizzando che a bordo potessero esserci terroristi: «Ma nessuno dei responsabili delle forze dell’ordine sentiti in questo processo ha detto di saperne nulla», accusa la procura. Un’altra tesi difensiva riconnette la negazione del Pos «alla necessità che prima si facesse la redistribuzione dei migranti in Europa». Il pm Ferrara non usa mezzi termini: «Prima si fanno scendere i migranti, che a bordo erano in una situazione di rischio, poi si redistribuiscono. Altrimenti, si rischia di fare politica sulla pelle di chi soffre perchè in mare da diversi giorni, in condizione precaria su un’imbarcazione». In una pausa del processo, insorge il legale di Salvini, l’avvocata Giulia Bongiorno: «Il pubblico ministero sta procedendo con una requisitoria contro il decreto sicurezza bis, che è un atto del governo, e contro la linea politica prima redistribuire e poi sbarcare».

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