Non è ovviamente vangelo il bilancio di previsione “secondo D’Amore”. Emendarlo con l’intento nobile di apportare miglioramenti è sacrosanto. Ma in politica, come per la religione, ci sono dei precetti. Se vengono violati si commette peccato. E si fa penitenza o se ne pagano le conseguenze. Su questo aspetto Adele Ferrara è dura di comprendonio. Dopo un rodaggio di 9 mesi di amministrazione la consigliera comunale, fuoriuscita giustamente quasi subito dal raggruppamento del “padre-padrone” Alfonso Oliva, non ha ancora assimilato le categorie della politica. Nemmeno quella basilare: chi è in maggioranza governa la città, chi è all’opposizione avanza proposte alternative. Si chiama democrazia. Per carità, gli esponenti consiliari del team di Franco Matacena hanno il diritto di dissentire su questioni specifiche e di rappresentare istanze o idee differenziate. Ma la discussione deve avvenire nell’ambito della maggioranza con l’approccio hegeliano di trovare una sintesi. In caso di posizioni completamente divergenti se ne prende atto con due visioni prospettiche: o si dice “non sono d’accordo ma mi adeguo” di andreottiana memoria oppure si fa il salto all’opposizione. Tertium non datur, per citare i Romani. La Ferrara invece continua ad ondeggiare alla ricerca di un’inesistente terza soluzione. Una fantomatica terza via che, per tornare al parallelismo tra politica e religione, non sta né in cielo né in terra. Come dimostrano i suoi due emendamenti presentati al bilancio previsionale 2025-2027 che il prossimo 31 marzo approderà in assise in prima convocazione. La seconda battuta è prevista per il primo aprile, data sconsigliabile per Matacena e company per evitare brutti scherzi.
La consigliera indipendente, che forse confonde l’aggettivazione con la possibilità di andare a briglie sciolte, ha chiesto di emendare doppiamente lo strumento contabile con l’introduzione di un voucher per il trasporto anziani e di uno per le famiglie più disagiate. Proposte buone e giuste nel merito. Ma totalmente fuori luogo nel metodo. In primis, per la già esplicitata distinzione democratica tra esponenti di maggioranza e di minoranza. A tal riguardo basterebbe un solo rilievo per palesare la contraddizione di fondo dell’iniziativa di Ferrara: le proposte su anziani e famiglie, con un costo complessivo di appena 4.500 euro, poteva e doveva posizionarle sul tavolo in fase di stesura del bilancio. Più semplicemente avrebbe potuto e dovuto segnalarlo al sindaco Matacena e all’assessore D’Amore. Fine della fiera. In secundis, va ricordato ai lettori e alla stessa Ferrara, qualora lo avesse obliato, che la consigliera indipendente presiede proprio la commissione Bilancio, ruolo istituzionale che svolge grazie ai voti della maggioranza, oltre che quella speciale recentemente istituita sui Debiti fuori bilancio. A testimonianza dell’incapacità di Ferrara di uscire dal limbo dell’ambiguità politico-amministrativa c’è un atto grave e incomprensibile: non contenta dei suoi due emendamenti, ne ha sottoscritto anche uno presentato dall’opposizione, primo firmatario Dino Carratù. In questo caso ritirerà la firma, almeno così si vocifera. Ma siamo comunque alla fantapolitica allo stato purissimo da cui discendono due inevitabili contraccolpi: da un lato Ferrara si è indebolita, forse irrimediabilmente, agli occhi del parterre di governo, dall’altro ha deposto la sua testa dentro la ghigliottina sul patibolo allestito da Oliva. Che non vede l’ora di sbarazzarsene perché, con un consigliere di maggioranza in meno, Massimo Virgilio, suo unico rappresentante in assise, peserebbe di più. Quello della Ferrara è insomma un capolavoro all’incontrario da annali della non-politica.
Ciò detto, non vanno però dimenticate le molteplici défaillance fin qui collezionate da Matacena e dalla sua coalizione di amici-nemici. In passato lo stesso primo cittadino si è auto-emendato o è stato emendato da Noi Aversani. Per non parlare di Pietro Giglio di Aversa Moderata che scalpita per “tornare a scuola” sferrando gomitate a destra e a manca per qualche delega in più o degli esponenti di Aversa Azzurra bramosi di azzannare un succulento posto nel consorzio Asi. Ma c’è una differenza sostanziale con Ferrara. Seppur animati da una forma incurabile di poltronite o da ancestrali smanie di potere, i “richiedenti” perseguono uno scopo, ovviamente censurabile, ma sanno dove vogliono andare a parare. Nel caso della consigliera indipendente (di maggioranza) non si riesce a cogliere la scaturigine del suo perenne “dinamismo immobile”. Nemmeno un intenso lavorio ermeneutico svolto con acribia troverebbe approdo sul porto della comprensione. Adele Ferrara si affanna a pedalare forsennatamente su una cyclette. Una riedizione in chiave normanna di Totò e Peppino a Milano: “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”.
Mario De Michele