Dopo il fallimento della via politica fallisce anche la via giudiziaria. Il ricorso del comune di Piedimonte Matese contro la nuova Asi non solo è inammissibile ma la magistratura amministrativa investita muove severi rimproveri all’amministrazione guidata dal sindaco e presidente provinciale del partito democratico Vincenzo Cappello. I termini della vicenda sono tutti nella sentenza in forma semplificata resa dalla sezione del Tar. Piedimonte Matese è stato l’unico Ente, tra i 60 aderenti al consorzio, che ha messo in discussione, anche giuridicamente il nuovo assetto Asi, presentando un ricorso al tribunale amministrativo campano. Il risultato è stato un boomerang anche sul piano politico. Nel chiedere l’annullamento degli atti compiuti dai nuovi vertici del consorzio Asi l’amministrazione matesina, a motivazione del ricorso attivato, non solo ha contestato la ricostituzione del consiglio generale per il mancato adeguamento agli adempimenti ai sensi del decreto legislativo n. 13.2013 (disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6) ma anche l’asserito mancato pagamento delle quote associative da parte di alcuni comuni che hanno partecipato al ripristino degli organi collegiali (se non si pagano le quote consortili si perde il diritto di voto). Ma il Tar non ha avuto modo di esaminare questi aspetti sollevati: ha fermato il ricorso sulla soglia anzi non lo ha fatto neanche entrare perché inammissibile. L’inammissibilità del ricorso – è scritto nella sentenza- sussiste sotto diversi profili, il primo dei quali, in ossequio all’ordine logico delle questioni da esaminare e decidere, è quello che investe l’eccepito difetto di giurisdizione…” : questo perché, avendo il consorzio Asi natura di ente economico privato competente è la magistratura ordinaria e non quella amministrativa. Ma vi è di più : neanche il comune – dicono i giudici- aveva la legittimazione a presentare il ricorso anche perché aveva contribuito a votare molti degli atti di cui si chiedeva l’annullamento .” il Collegio rileva incidentalmente, altresì, che neppure il ricorrente appare provvisto della necessaria legittimazione a ricorrere sia perché ha dato causa, con il proprio voto favorevole, ad alcuni degli atti deliberativi qui impugnati (cfr. delibere nn 8 e 9 del 17/11/2014, di cui vi è copia nella produzione di parte ricorrente), cosicché, alla stregua di un principio immanente alla logica del giudizio di tipo impugnatorio (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 4 marzo 2008 n.210; ), egli non poteva poi successivamente dolersi di tali atti, sia perché non ha offerto la cd. prova di resistenza, da intendersi, nel caso in esame, come prova che l’adozione delle deliberazioni impugnate è avvenuta con una maggioranza di voti invalidi o inefficaci perché espressi da soggetti che non avevano tempestivamente reso le dichiarazioni prescritte dal d.lgs. n. 39/12013 circa l’insussistenza di cause di “inconferibilità” di incarichi e di incompatibilità” a ricoprire più cariche contestualmente..”. Da qui il rigetto del ricorso, pur riconoscendo la peculiarità della controversia ai fini dell’accollo delle spese processuali.
Michele Martuscelli