Si è finalmente conclusa una battaglia storica contro la camorra e contro il razzismo. Nel tardo pomeriggio di ieri Umberto Giordano, presidente Corte di Cassazione, ha pronunciato la sentenza definitiva che conferma l’ergastolo, anche in ultimo grado, per Giuseppe Setola e i sicari del clan dei Casalesi per la strage avvenuta a Castel Volturno il 18 settembre 2008.  La prima strage con finalità mafiosa con l’aggravante di odio razziale.

Sei anni fa,  lungo il litorale domitio, veniva consumata una delle più violente e sanguinose stragi di camorra: un gruppo di 5 persone capeggiate da Giuseppe Setola uccise un italiano, Antonio Celiento, e poi riversò su sette ghanesi innocenti oltre 125 proiettili di kalashnikov, uccidendone sei: Kwadwo Owusu Wiafe, Ibrahim Alhaji, Karim Yakubu (detto “Awanga”), KuameAntwi Julius Francis, Justice Sonny Abu e Eric Affun Yeboah. Solo uno sopravvisse, Joseph Ayimbora, che diverrà poi testimone chiave nel processo iniziato il 12 novembre 2009 e che si è appunto concluso con una condanna in secondo grado ad ergastolo per Setola ed altri tre uomini del clan dei Casalesi. Quei 125 colpi di kalashnikov sparati fuori alla sartoria “Ob exotic fascion” dovevano uccidere. Uccidere degli immigrati scelti a caso tra la folla, colpiti per il colore della loro pelle e in un luogo che era simbolo dell’aggregazione della comunità africana a Castel Volturno. Il centro sociale “Ex Canapificio”,  costituitosi parte civile insieme all’associazione “Mo basta” e ai parenti delle vittime, si era schierato fin dall’inizio dalla parte dei sei ghanesi difendendo la loro innocenza.

 

 

 

Spenti i riflettori dei primi mesi, a sei anni da quella tremenda carneficina a Castel Volturno nulla è cambiato.  “ Non c’è la volontà politica di cambiare realmente le cose.  – dichiarano gli attivisti del centro sociale Ex Canapificio di Caserta che da anni si batte per i diritti degli immigrati – Conosciamo perfettamente la situazione che sono costretti a vivere  gli immigrati e  i rifugiati che vino nell’area di Castel Volturno e che si rivolgono quotidianamente ai nostri sportelli. Degrado, abbandono, emarginazione, case fatiscenti affittate in nero senza sicurezza e senza contratto. Molti, loro malgrado, si ritrovano in una situazione di irregolarità perché dopo tanti anni che vivono in Italia (alcuni sono arrivati alla fine degli anni 90) non hanno ancora un regolare permesso di soggiorno, e la mancanza di documenti rende l’immigrato ricattabile, costringendolo ad accettare 10-12 ore di lavoro al giorno per meno di 25 euro e a vivere una vita da emarginato. Sono ormai dieci anni – continuano – che denunciamo la mancanza della presenza delle istituzioni in un territorio come questo dove abbiamo visto gli effetti negativi della legge Bossi-Fini e di una politica dell’immigrazione completamente  sbagliata, lontana dalle esigenze e dai problemi reali dei migranti e dei rifugiati.  Negli anni abbiamo avviato diversi tavoli di trattative con le istituzioni nazionali e locali a tutti i livelli. Abbiamo chiesto e promosso con il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno un piano di inclusione sociale ed emersione, che nel 2011 ha portato alla regolarizzazione di circa 1000 richiedenti protezione umanitaria. Ma ad oggi è tutto fermo. Lo scorso aprile, alla fine di una grande manifestazione organizzata a Napoli con alcuni esponenti degli storici movimenti dei disoccupati, abbiamo incontrato Severino Nappi, assessore al Lavoro e alle Politiche dell’Emigrazione e dell’Immigrazione. Un incontro che doveva segnare  l’inizio di un reale confronto con le Istituzioni regionali per dar vita a un percorso di integrazione dei migranti presenti nella Regione Campania e in particolar modo a Castel Volturno e lungo il litorale domitio. Ma da allora non si è mosso nulla.”

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