ROMA. “Sono pronto a sottoscrivere, insieme ad altri senatori, un disegno di legge sul concorso esterno in associazione mafiosa che lasci invariate le pene edittali oggi previste, ma che consenta, allo stesso tempo, di identificare con certezza gli ambiti entro i quali possa dirsi effettivamente consumato tale reato”. Così il senatore del Pdl, Vincenzo D’Anna, dopo il ritiro del ddl Compagna (Gruppo Autonomie e Libertà) dall’esame della commissione Giustizia.
Per D’Anna: “gli strali che da più parti si sono abbattuti sull’ottimo senatore Luigi Compagna, reo di aver riproposto un disegno di legge già a suo tempo predisposto dall’attuale sindaco di Milano Giuliano Pisapia, noto garantista e “sincero” democratico (in quanto appartenente allo schieramento di centrosinistra), sono del tutti immotivati”.
“Bisogna ricordare – prosegue il senatore del Pdl – agli autorevoli esponenti politici che in queste ore hanno censurato l’iniziativa di Compagna, che il ‘concorso esterno’, oltre a non essere previsto nel codice di procedura penale, è un reato di natura giurisprudenziale ovvero introdotto attraverso sentenze della magistratura”.
“In quanto tale – continua D’Anna – occorre che il Parlamento tipizzi, circoscriva e specifichi il perimetro entro il quale tale reato possa essere imputato ai cittadini ponendo così termine all’amplissima discrezionalità ed ai relativi abusi che alcuni magistrati hanno compiuto e tuttora compiono nell’applicazione della detta norma giuridica”.
“A nulla vale invocare la ragion di stato, ovvero di governo – rincara la dose il senatore D’Anna – affinché questo spinoso ed urgente argomento sia messo nel dimenticatoio. Un partito che si dice liberale, infatti, non baratta, ma antepone la battaglia per i diritti e la legalità ad ogni altro calcolo di convenienza fosse anche disturbando il manovratore”.
“Ciò valga – conclude – per i tanti cittadini detenuti, gravati di tali ipotesi di reato e che subiscono la carcerazione preventiva, accusati di circostanze non suffragate da prove né da reali accertamenti che ne possano comprovare la colpevolezza”.