Fermare il declino industriale. La provincia di Caserta è un’area dei crisi complessa. Se non si affronta immediatamente questa emergenza si rischia di perdere definitivamente il treno della ripresa economica, che pure le più ottimistiche previsioni danno in arrivo col secondo semestre di quest’anno.
Insomma, senza una forte presenza manifatturiera tutti i progetti di crescita, anche i più felici, restano mera esercitazione concettuale. Poi si tratta, certo, di individuare nuovi motori di sviluppo. A cominciare dal turismo, dalla cultura e dalla green economy, le cui potenzialità sono notevoli e tuttora inespresse.
La verità, però, è che finora la provincia di Caserta e, più in generale il Mezzogiorno, è tutt’altro che tra le principali preoccupazioni della classe politica; né – è questo è anche peggio – alla questione Casertana e Meridionale sembrano dare sufficiente spazio i programmi elettorali dei partiti.
Il presidente di Confindustria Caserta, Luciano Morelli, argomenta più volte questi concetti nel rispondere alle domande dei giornalisti, nel corso della consueta conferenza stampa di inizio d’anno (che è anche la prima del suo mandato) svoltasi oggi presso la sede dell’associazione.
Un ragionamento a 360 gradi, ovviamente, ma che torna puntualmente su quello che è, per Confindustria Caserta, la priorità assoluta sul fronte della crisi economica: arrestare il processo di desertificazione industriale in atto nella nostra provincia. A questo scopo, anzi, il presidente della maggiore associazione datoriale di Terra di lavoro chiederà, già da domani, impegni concreti alle istituzioni. A cominciare dalla Regione.
Assieme al direttore Lucio Lombardi (che gli siede a fianco unitamente al vice presidente Enzo Schiavone e al presidente della Piccola Industria Andrea Funari ) Morelli annuncia che incontrerà il consigliere regionale con delega alle Attività produttive, Fulvio Martusciello, per parlare di interventi veri, non di bei programmi.
E interventi concreti, intanto, dal punto di vista delle imprese sono anche gli interventi sui fronti del credito, della semplificazione burocratica e dell’internazionalizzazione. Rispetto al primo, per esempio, si ricordano ancora una volta i ritardi della pubblica amministrazione nel pagamento delle fatture alle imprese. Le quali, soltanto nel settore Sanità – per fare un esempio – vantano 70 miliardi di credito da parte della Regione, che intanto però attraverso le Asl continua a sperperare.
La situazione paradossale, insomma, è che in questo drammatico stato di crisi e di moneta circolante sono le imprese, già in grande affanno, a finanziare il servizio sanitario e non lo Stato. Così come inaccettabili, ormai, sono diventate le pastoie burocratiche di un apparato che non solo danneggia, ma finisce per scoraggiare la voglia di intraprendere.
Sul fronte dell’internazionalizzazione,invece, occorre che siano innanzi tutto gli imprenditori a mettersi in gioco e, da questo punto di vista – nel senso cioè di aiutare le imprese, soprattutto quelle piccole, a fare massa critica, a cercare nuovi mercati di sbocco – la struttura confindustriale può e deve fare di più. Gli strumenti ci sono, anche se ancora poco utilizzati, quali la creazione di reti di impresa, per esempio. O, anche, l’accompagnamento delle aziende al migliore uso degli incentivi o della finanza innovativa. Oppure, non ultimo, agevolando il trasferimento innovativo dai centri di ricerca alle imprese; o mettendo in piedi nuovi e più aderenti alle esigenze del mercato, percorsi formativi o di aggiornamento professionale.
Ma si tratta, in ogni caso, di fare squadra, di trovare modi nuovi e positive intese di collaborazione istituzionale e con le associazioni presenti sul territorio e remare tutti nella stessa direzione. Ne va del destino di tutti.
Alla domanda, infine, se gli effetti della crisi si sono fatti sentire e in che misura sul parterre associativo confindustriale locale, Morelli ha ricordato che il rapporto tra natalità e mortalità delle aziende in seno a Confindustria Caserta è rimasto più o meno inalterato. Anzi, è leggermente positivo. Questo, però, non significa che tra le circa 1700 aziende associate, tra rapporti diretti o convenzionati (come emerge peraltro dai dati depositati per il rinnovo della Camera di Commercio) non si avverta la crisi. Una crisi che spesso si sostanzia anche nella difficoltà di versare le quote. E, dunque, un motivo in più per impegnare la struttura associativa a erogare maggiori e più efficienti servizi. A fare squadra, insomma.
Alla conferenza stampa sono seguiti i lavori del Consiglio direttivo. Nel corso dei lavori il leader degli industriali, con l’assegnazione delle deleghe ai consiglieri che coordinano i comitati tecnici, ha completato l’organigramma della struttura associativa.
Nell’ordine, consiglieri e incarichi:
– Dina Lombardi, Ricerca e innovazione
– Alessandro Falco, Finanza e sviluppo
– Andrea Funari, Pubblica amministrazione e semplificazione
– Angela Renga, Internazionalizzazione, Reti d’impresa, Filiere e Agregazione
– Vincenzo Bove, Education e Formazione
– Daniela Mastrangelo, Relazioni industriali
– Antonio Diana, Ambiente
– Giuseppe Cerbone, Made in Italy
– Pia Drago, Cultura
– Gianluigi Traettino, Infrastrutture e Territorio
– Cristiano Paduano, Grandi Industrie
– Carlo Barbagallo, Start-up