E’ iniziata senza indugi la resa dei conti tra Mozzillo e company e Eduardo Indaco. I nove consiglieri di maggioranza hanno brandito la sciabola per ottenere la testa del presidente del consiglio comunale. Ieri mattina hanno protocollato un documento che contiene un chiaro aut aut: o ti dimetti o ti sfiduciamo. Nessuna mediazione, dunque. Muro contro muro. Il diktat a Indaco è stato sottoscritto da Gennaro Della Porta, Alfonso Di Giorgio, Raffaele Elveri, Rosa Minichino, Francesco Ragozzino, Antonio Russo, Massimo Russo, Andrea Villano e Arturo Vislino. “Gli scriventi consiglieri comunali di maggioranza, – si legge nel documento indirizzato al presidente del consiglio – preso atto delle sue recenti decisioni politiche che hanno, in parte, modificato il quadro amministrativo emerso dalle ultime consultazioni elettorali e, cosa ben più importante e significativa, preso atto della sua volontà di non proseguire un percorso condiviso con chi lo ha eletto alla carica di presidente del consiglio, le chiedono un coerente passo indietro che chiarisca, agli occhi dei cittadini elettori, ruoli e funzioni di ciascun eletto nella coalizione facente capo al sindaco Giuseppe Mozzillo. Tale richiesta – recita un altro passo del documento – scaturisce anche da alcune sue recenti esternazioni pubbliche cha hanno fatto venir meno il reciproco rapporto di fiducia e minato gravemente la sua terzietà come garante dell’intero consiglio comunale”. E poi la “minaccia” neanche tanto velata di sfiduciare Indaco (sulla sua poltrona si sederà Di Giorgio). “La esortiamo, pertanto, di voler considerare quanto richiesto dagli scriventi al fine di evitare che si scriva, in consigli comunale, una pagina nuova e certamente non esaltante della storica del civico consesso di Orta di Atella”. In altre parole, il presidente dell’assemblea consiliare ha le ore contate. Cosa farà? Lascerà l’incarico evitando il voto di sfiducia in consiglio? Non l’ha ancora deciso. Potrebbe accettare la sfida. E in caso di sfiducia presenterebbe ricorso al Tar perché, a suo avviso, il presidente del consiglio può essere cacciato solo per gravi inadempienze nell’esercizio delle sue funzioni, non per motivazioni politiche. Di parere opposto la maggioranza che, sentenze alla mano di Consiglio di Stato e Cassazione, non ha dubbi sulla legittimità di sfiduciare il “capo” del civico consesso. Al netto della disputa giuridica la questione è puramente politico-amministrativa. Indaco è stato da sempre “ostile” a Mozzillo per il “grave ritardo della nomina della giunta tecnica e per l’immobilismo dell’amministrazione”. Al punto che ha capeggiato ben due congiure, entrambe fallite, per mandare a casa il sindaco. Prima con il tentativo di dimissioni in massa dei consiglieri. Poi con le grandi manovre per non far passare il bilancio di previsione (la mancata approvazione avrebbe determinato lo scioglimento del consiglio). Ma, dicevamo, i due colpi di coda non hanno sortito gli effetti sperati. Il primo cittadino è rimasto in carica e Indaco ha deciso di passare in minoranza assieme a Nicola D’Ambrosio. Ad onor del vero il presidente del consiglio non era, fino a ieri, l’unico antimozzilliano di ferro. Tra i più agguerriti sostenitori del sindaco figurava anche Antonio Russo. L’esponente del Psi proprio nel corso del civico consesso sul bilancio manifestò apertamente e senza giri di parole il suo forte malcontento nei confronti del sindaco e della giunta. Ora ha fatto una tripla piroetta ed è a sorpresa tra i firmatari del documento contro Indaco. Delle congiure di Catilina facevano parte anche altri tre consiglieri di maggioranza: Rosa Minichino, Andrea Villano e Francesco Ragozzino. Tutti e tre avevano appoggiato Indaco nella battaglia per liquidare Mozzillo. Poi gli hanno voltato le spalle. Sicuramente il presidente del consiglio ha commesso gravi errori dimostrando di essere ancora acerbo sotto il profilo politico. Ma è probabile, se non certo, che il dietrofront di Russo, Minichino, Villano e Ragozzino sia frutto dell’opera di “convincimento” del sindaco. Il primo cittadino ha dimostrato grande pragmatismo. Ha usato le contromisure giuste per sventare i blitz. Un po’ alla volta, con cinica pazienza, ha via via ricucito i rapporti con i ribelli a suon di poltrone e promesse. E alla fine è riuscito a isolare Indaco. Mozzillo il temporeggiatore ha vinto la guerra. Sarà una vittoria di Pirro?

Mario De Michele

 

 

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