Nutriamo il dubbio che Pina Picierno sia affetta da un’incontrollabile forma di masochismo politico. Sembra infatti quasi piacerle l’umiliazione pubblica. La figuraccia rimediata davanti a milioni di telespettatori. Un istinto al suicidio politico che ricorda quello dei kamikaze. Soffre però anche chi la sta a guardare e soprattutto a sentire. Quel rosario di luoghi comuni e frasi vuote sgranato con l’ossessività degli automi è insopportabile. Ascoltare la Picierno è come inserire la funzione “repeat” sui lettori cd: è sempre lo stesso brano che si ripete all’infinito. Un altro disco rotto lo ha adagiato sul “piatto” durante la trasmissione di Lilli Gruber “Otto e mezzo”. Ospite in studio con Andrea Scanzi, giornalista de “Il Fatto”, in collegamento esterno con Massimo Cacciari, la neo europarlamentare del Pd, forte delle oltre 220mila preferenze raccolte nella circoscrizione meridionale, ha ostentato sicurezza. Avrà pensato: “Sono inattaccabile, ho stravinto”.
E allora ha creduto di potersela cavare con le solite tiritere. Il tormentone degli 80 euro. E quello anche più ripetitivo delle riforme. Per finire in bruttezza ha gridato “al lupo, al lupo” quando ha condannato il linguaggio violento di Grillo. Ma Picierno non ha fatto i conti con due ospiti di spessore politico e culturale molto superiore al suo (non ci vuole tanto). Dopo ogni suo disarmante intervento, Cacciari la guardava con sguardo compassionevole, come per dire: “Non posso sparare sulla Croce Rossa”. E allora la osservava con aria bonaria sforzandosi di parlare dei problemi degli italiani in modo serio e approfondito. Missione fallita. La Picierno parla a spot. Non conosce altre lingue, soprattutto quelle che implicano fatica, ragionamenti, confronti serrati. Non è stato difficile quindi per Scanzi metterla alle corde e mandarla più volte a tappeto.
Se Cacciari ha rinunciato per manifesta inferiorità della sua interlocutrice a sostenere una qualsiasi discussione che non sfociasse nel chiacchiericcio da salotto tv, la “firma” de “Il Fatto” ha pigiato sull’accelerato delle accuse, non sopportando l’aria boriosa dell’esponente del Pd. Prima le ha rinfacciato di essere una demitiana, poi l’ha fulminata sul terreno del consenso. Quando Picierno ha rivendicato il suo personale successo elettorale (220mila preferenze), Scanzi non ce l’ha fatta più. E le ha fatto notare un aspetto di cui forse ogni elettore del Pd è convinto: “Quei voti li ha presi Renzi, al tuo posto li avrebbe preso anche un facocero”. Colpita e affondata. L’europarlamentare ha cercato di buttarla in caciara. Ma la verità, nuda e cruda, è venuta a galla in un batter d’occhio: il ciclone Renzi avrebbe trascinato alla vittoria anche un facocero, per citare Scanzi. E sicuramente anche un’oca.
Mario De Michele