«È venuta meno la fiducia». Inattesa, arriva la rimozione di Francesco Gilioli da capo di gabinetto del ministero della Cultura. Alessandro Giuli lo caccia. Con una pec, neanche una telefonata. Dopo aver scoperto, confida il ministro a un esponente di maggioranza, «fatti gravissimi». Gilioli era il capo di gabinetto di Sangiuliano, nei giorni dello scandalo Boccia, che ne ha portato alle dimissioni. L’idea era sostituirlo a dicembre (in pole c’è Francesco Spano, ma sul suo nome già le prime polemiche): sarebbe tornato a lavorare da consigliere parlamentare al Senato. Poi, improvvisa, l’accelerazione. E nuovi veleni a via del Collegio Romano. Ecco il sospetto: infedeltà. Gilioli sarebbe stato scoperto a fornire, secondo quanto sostengono alcune fonti, informazioni alla trasmissione tv Report. Informazioni sia su Sangiuliano, sia sul successore Giuli. Secondo altre indiscrezioni sarebbe stato anche ascoltato nei giorni scorsi dai magistrati – ma non c’è alcuna conferma ufficiale – sulla vicenda della consulenza saltata a Maria Rosaria Boccia, allontanando da sé ogni responsabilità. Forse qualcosa di più si capirà nei prossimi giorni. Ad oggi, quel che è certo è che la decisione di Giuli è stata repentina e lo stato d’animo del ministro parecchio irritato. Tanto che Gilioli avrebbe avuto notizia della rimozione via posta elettronica certificata, mentre era in ospedale al fianco della madre: non un messaggio o una chiamata. È l’ennesima coda al veleno dell’affaire Sangiuliano-Boccia. Una vicenda nella quale il nome di Gilioli, considerato vicino al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, compare perché citato diverse volte nell’esposto in procura dell’ex ministro: «Le mie perplessità (sulla nomina di Boccia, ndr) sono dimostrate – scrive il giornalista – da un messaggio inoltrato il 9 agosto a mezzo whatsapp al capo di gabinetto Francesco Gilioli: “per quel consigliere da nominare tieni fermo. Ne parliamo a fine agosto”». Sarebbe stato il capo di gabinetto a esprimere perplessità «circa incongruenze del curriculum e l’eventualità di conflitti d’interesse per pregresse attività di Boccia».
Mentre il lavoro di indagine sull’ex ministro prosegue, Giuli con la cacciata di Gilioli segna l’atto di discontinuità più forte, nella gestione del Collegio Romano, da quando è entrato in carica. Come nuovo capo di gabinetto si fa il nome di Francesco Spano. Segretario generale della fondazione MAXXI fin dai tempi della presidenza di Giovanna Melandri, ha continuato a svolgere quel ruolo con Giuli, guadagnandone la stima. Spano è un estraneo rispetto al potere meloniano: allievo di Giuliano Amato, ha guidato sotto il governo Renzi l’Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar). Almeno fino al 20 febbraio 2017, quando ha dovuto comunicare le dimissioni all’allora sottosegretaria Maria Elena Boschi, perché coinvolto in un’inchiesta delle Iene che lo accusava di aver versato 55mila euro a un’associazione Lgbtq+, che però in realtà gestiva – secondo l’inchiesta – sesso a pagamento. Quella polemica, ironia della sorte, scatenò le ire di Giorgia Meloni, con la leader di FdI in prima linea per chiedere le dimissioni di Spano: «Non un euro in più delle tasse degli italiani deve essere buttato per pagargli lo stipendio», tuonava. Di sicuro, non hanno dimenticato la vicenda gli esponenti dell’associazione Pro Vita, che ha lanciato una petizione contro una nomina che «rappresenta uno schiaffo a tutti i valori che il governo di centrodestra dovrebbe rappresentare». Non le migliori premesse per la scelta di Giuli.