La buona notizia recente è che Cesa fa parte dei quattro comuni “Plastic Free 2025” della provincia di Caserta, in compagnia di Succivo, Caiazzo e Falciano del Massico. Un importante riconoscimento che premia l’impegno delle amministrazioni locali nell’adottare misure volte a migliorare l’ambiente e a promuovere pratiche sostenibili. I criteri di valutazione per il riconoscimento di “Comune Plastic Free” si basano su quattro pilastri: contrasto all’inciviltà ambientale, attività virtuose sul territorio, gestione dei rifiuti urbani; collaborazione con l’associazione Plastic Free Onlus, nata nel 2019 per contrastare l’abuso e l’inquinamento della plastica. L’altra notizia recente è che Cesa si avvia a trasformare in edificabili alcune zone D destinate all’insediamento di impianti artigianali e industriali, ovvero alle attività produttive. Salvo improbabili colpi di scena, il primo passo (falso?) verso il cambio di destinazione sarà fatto dal civico consesso in programma domani (7 febbraio) alle ore 18.00. “Si sottoporrà all’attenzione del consiglio – ha annunciato il presidente dell’assise Mimmo Mangiacapra, delegato all’Urbanistica – un atto di indirizzo per precisare quelle che sono le condizioni per richiedere il cambio di destinazione urbanistica nelle zone D”. Gli fa eco il sindaco Enzo Guida: “Era un punto del nostro programma intervenire su quella che è la trasformazione di queste zone in edificabili. Il provvedimento che porteremo in aula consentirà di definire le condizioni per poter accedere a questa iniziativa”.
AREE INTERESSATE E INTERESSI IN CAMPO
Ma quali sono le zone in questione? Nella proposta di deliberazione non vengono indicate le aree. C’è scritto che bisogna “stabilire un indirizzo chiaro in merito alle condizioni in cui le zone D possono essere considerate equipollenti alle zone A, B e C”. In quest’ottica – si legge nella proposta di delibera – “si dà indirizzo al Responsabile del Servizio Urbanistico affinché, in materia di mutamento della destinazione urbanistica con riferimento alle zone equipollenti, sia specificato che: possono essere considerate equipollenti alle zone A, B e C quelle unità immobiliari ricadenti in zona D aventi destinazione direzionali (uffici), a condizione che le stesse siano situate in aree del territorio già urbanizzate, dotate di servizi primari e secondari, confinanti con zone già edificate e caratterizzate da connotazioni residenziali”. Nello specifico si dovrebbe trattare del Parco Serena in via Matteotti, del Parco Pelliccia in via René Guénon e di uno dei Parchi sorto nei pressi del ponte di Sant’Antimo-Cesa. Infatti, il mutamento della destinazione urbanistica – si precisa nella delibera al vaglio dell’assise – si applica esclusivamente agli immobili realizzati ai sensi del PRG approvato nel 2023”. Una fattispecie che riguarda proprio i citati complessi immobiliari, costruiti oltre 15 anni fa su zone D per uso uffici o con funzione turistico-residenziale tramite l’housing sociale sulla base dell’allora Piano regolatore generale.
I PROBLEMI E I DUBBI TECNICI DA CHIARIRE
In linea di massima l’iniziativa del sindaco Guida, del delegato Mangiacapra e della maggioranza potrebbe, il condizionale è d’obbligo, rientrare nella logica della rigenerazione del territorio. Stiamo parlando di aree ricadenti in zone D ma sulle quali insistono in realtà appartamenti ad uso abitativo. Quello che non convince è l’iter tecnico che l’amministrazione targata Guida ha scelto di utilizzare. Innanzitutto lascia molto perplessi considerare equipollenti le zone D, destinate alle attività produttive, con quelle A (centro storico), B (aree urbane consolidate) e C (residenziali di nuova espansione). È come mischiare mele e pere. Non basta per l’equiparazione che le “unità immobiliari ricadenti in zona D siano situate in aree del territorio già urbanizzate, dotate di servizi primari e secondari, confinanti con zone già edificate e caratterizzate da connotazioni residenziali”. L’aspetto dirimente è un altro ed è ineludibile: le unità immobiliari attualmente ricadenti in zona D possono potrebbero essere “equipollenti” alle zone A, B e C solamente a condizione che il Puc, approvato nel 2021, quindi strumento urbanistico in vigore che supera il Prg del 2023, non abbia confermato tali aree con la classificazione D.
In altre parole, se in base al Puc le aree in questione ricadono in zona D non possono essere “equipollenti” a quelle del centro storico, delle aree urbane consolidate e residenziali di nuova espansione. Ergo, non possono ottenere il cambio di destinazione urbanistica. D erano e D restano. La difformità non è “sanata”, né “sanabile”, se non con una variante al Puc. Non c’è bisogno di essere urbanisti di fama internazionale per comprendere la ratio della normativa. Il Piano urbanistico comunale è lo strumento per la pianificazione territoriale. In fase di redazione gli amministratori locali fanno delle scelte precise che inevitabilmente favoriscono qualcuno e danneggiano altri. Ad esempio, riclassificare una zona da D a C incide sulla cubatura complessiva, di conseguenza è positiva per taluni e negativa per altri. Legittimamente, sia chiaro. Non è legittimo invece far rientrare dalla finestra quello che si è lasciato fuori dalla porta. Altrimenti, oltre ai 400 nuovi alloggi già previsti dal Puc, se ne sommano molti altri, benché già costruiti, con il risultato che a Cesa non si potrà più posare un mattone per il prossimo decennio. Danno irreparabile per l’edilizia domestica.
LE SCELTE POLITICO-ELETTORALISTICHE
Non solo. Come detto, il Puc è stato approvato appena 3 anni fa. L’eventuale cambio di destinazione d’uso delle zone D poteva essere stabilito in sede di stesura. Perché non è stato fatto? I menzionati complessi immobiliari insistono in zona D da oltre 15 anni. Perché l’amministrazione Guida non ha fornito, ex ante, “chiare linee di indirizzo” durante la redazione del Puc ma si pone il problema soltanto ora, ex post? Sorge un dubbio, rafforzato dall’uscita pubblica di quei furbacchioni di Guida e Mangiacapra, con il sindaco che si è spinto addirittura a dichiarare che: “Era un punto del nostro programma intervenire su quella che è la trasformazione di queste zone in edificabili”. Il dubbio è presto detto: per caso la delibera consiliare di indirizzo è un mero atto elettoralistico per prendere in giro i residenti di quelle zone con l’auspicio di rastrellare come in passato di nuovo voti, passando in realtà la palla all’ufficio tecnico che si troverebbe fra le mani una patata rovente? Nella proposta che dovrà esaminare il civico consesso infatti si rimarcano due punti. Il primo: “Ai fini della valutazione delle eventuali equiparazioni o definizioni di equipollenze, il richiedente dovrà fornire documentazione probatoria che attesti la sussistenza dei requisiti previsti”. Il secondo: “Per quanto riguarda le procedure di rilascio del permesso, il Responsabile del Servizio Urbanistico dovrà considerare il mutamento con o senza opere, attenendosi alle regole stabilite dalla normativa urbanistica vigente”. Dall’aula consiliare, insomma, potrebbe partire a quota bassa un enorme cetriolo volante destinato, gira e rigira, a fermare la sua corsa in una zona piuttosto critica per Giacomo Petrarca, responsabile del settore Urbanistica. Per l’architetto sarebbe consigliato camminare rasente muro. Almeno fino alle prossime comunali.
Mario De Michele