Riprende nell’Aula del Senato l’esame del decreto sul Superbonus per il quale il governo ha chiesto il voto di fiducia. Si comincia con le dichiarazioni di voto e poi ci sarà la chiama dei senatori. Il primo a prendere la parola è stato il leader di Azione Carlo Calenda. In un’Aula praticamente deserta del Senato, il primo a prendere la parola è il leader di Azione Carlo Calenda che boccia senza appello il decreto sul Superbonus per il quale il governo ha chiesto ieri il voto di fiducia. “Siamo al redde rationem”, esordisce Calenda, che definisce il provvedimento come “il più folle”, il “più iniquo” e il “più di destra mai fatto nella storia repubblicana”. Il senatore ribadisce la sua contrarietà all’idea “che si possano spendere circa 160 miliardi di euro per dare soldi a tutti, in piccola parte a chi ne ha bisogno e in enorme porzione a chi non ne ha bisogno”. “Ogni volta che si sceglie la strada della mancia, alla fine i conti bisogna farli”, osserva Calenda che considera il Superbonus “figlio di quell’ansia di trovare risorse” per conquistare il consenso elettorale. Ma soprattutto “il figlio anche di incompetenza e approssimazione”. “Ho ascoltato pregevoli riflessioni tecniche. Io mi limito a quelle politiche – ha detto Matteo Renzi il leader di Italia Viva, in dichiarazione di voto -. A una misura sbagliata date una risposta inadeguata. Siete il governo delle tasse. Dopo il voto in Commissione, in cui grazie al nostro sostegno si è impedito di alzare la sugar tax, ci hanno accusato di essere a favore a questo governo. Lo dico qui: noi siamo contro, non votiamo la fiducia a questo governo”. Archiviate le tensioni registrate in commissione Finanze del Senato, con Italia Viva che corre in soccorso della maggioranza in difficoltà dopo l’aut-aut di FI, sul decreto Superbonus sembra esserci una schiarita. Tutte le forze politiche si attribuiscono “il successo di aver fatto slittare di un anno” l'”odiosa tassa sullo zucchero”. E si punta ad una “rapida approvazione” del decreto che scade il 28 maggio. E questo, nonostante Forza Italia diserti il voto finale in commissione e il vicepremier Antonio Tajani torni a difendere la battaglia di principio di contestare la “retroattività della norma” prevista nel provvedimento. Scelta che viene contestata anche dall’Abi: la misura avrà “effetti negativi”, osserva l’associazione che ha riunito il comitato esecutivo. La “quiete apparente” convince poco però il governo, tanto che alla fine e nonostante le rassicurazioni del relatore Giorgio Salvitti (“non c’è volontà di farlo”), in conferenza dei capigruppo annuncia quello che tutti ipotizzano da ore: l’intenzione di chiedere il voto di fiducia sul decreto. Un decreto che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rivendica ancora una volta: “Le previsioni della Commissione sono in linea con le nostre – osserva parlando dei conti pubblici – Sul debito, purtroppo, gravano per cassa negli anni prossimi gli effetti negativi del Superbonus. D’altra parte i dati europei sul rapporto debito/Pil non incorporano gli effetti dei recentissimi provvedimenti che avranno effetti positivi sui conti”, conclude. Ma non solo Forza Italia e parte delle opposizioni non concordano, anche l’Abi invita il governo e il Parlamento a considerare comunque “i limiti” delle banche. Le opposizioni escono dall’ incontro dei capigruppo dicendo che si tratta di “una fiducia politica” che la maggioranza “mette su se stessa”, perché “non si fida più di come vota Forza Italia”. Come centrosinistra, infatti, spiegano Stefano Patuanelli (M5S) e Francesco Boccia (PD) “avremmo presentato per l’Aula pochissimi emendamenti” – i 5 Stelle “non più di 5” e “tutti di merito”. “Non è affatto una fiducia politica”, ribattono Gasparri e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, “ma è solo una questione di tempi” perché, entro il 28, giorno della scadenza del decreto, il testo “deve anche passare all’esame della Camera”. Per colpa di questa sorta di “monocameralismo di fatto”, che anche Gasparri non esita a definire “deprecabile”, Montecitorio non potrà che ratificare la decisione del Senato, ma ci sono pur sempre “tempi tecnici da rispettare” e pertanto “si deve fare in fretta”. Così, subito dopo la fine della terza giornata di discussione generale sul premierato, prende il via l’esame in Aula del decreto Superbonus e l’opposizione parte all’attacco non solo del provvedimento, ma anche di Italia Viva che “è diventata la stampella del Governo”, come dichiara Patuanelli, e ha “reso possibile” aggirare la contrarietà dei forzisti riuscendo a far approvare anche le norme più controverse del testo in Commissione. “Italia Viva voterà contro la fiducia al governo Meloni come ha sempre fatto e continuerà a fare”, replica la senatrice di Iv Raffaella Paita, “ma abbiamo votato anche contro la tassa odiosa” sullo zucchero. “Siamo contro il governo, ma siamo anche contro le tasse”, incalza il renziano Enrico Borghi. Nel centrodestra, invece, ora si tenta di mettere la sordina ad ogni polemica con il presidente della commissione Finanze, Massimo Garavaglia (Lega), che, a proposito dell’assenza dell’unico esponente di FI in Commissione, Claudio Lotito, al momento di dare il mandato al relatore a riferire in Aula, osserva: “Eh vabbè, ma sono dettagli. Fa niente. Avrà avuto qualche cosa molto più importante da fare…”. Alle 8.30 comincia la prima chiama dei senatori per votare fiducia. Entro la mattinata, è l’auspicio della maggioranza, “il Superbonus va approvato”..

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