La controversa norma è passata al vaglio del Consiglio dei ministri. Ora il testo preciso dell’ordinanza di custodia cautelare diventa di fatto segreto e la stampa non potrà pubblicarlo. Almeno non subito. Il Cdm ha approvato ieri il testo del decreto legislativo sulla modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo il divieto di pubblicazione del testo delle ordinanze di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare. La modifica era stata decisa già diversi mesi fa in Parlamento quando il Senato approvò l’articolo 4 della legge di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea. A dare l’avvio all’iter fu un emendamento del deputato di Azione, Enrico Costa, durante il passaggio alla Camera. Si torna indietro dunque rispetto a quanto stabilito dalla riforma del 2017 dell’allora ministro Andrea Orlando, secondo cui le ordinanze sono pubblicabili senza limiti. Con le nuove regole invece ad essere pubblicabile sarà soltanto il contenuto dell’atto, senza poterlo citare tra virgolette, e potrà essere fedelmente riportato solo il capo di imputazione per esteso. In queste ore è arrivato infine l’ulteriore step decisivo per rendere concreta la nuova norma, inserita nei decreti legislativi approvati dal Cdm. Ora il testo deciso dal governo sarà sottoposto alla lettura e agli eventuali suggerimenti, però non vincolanti, delle due commissioni Giustizia di Camera e Senato entro sessanta giorni. Non è l’unico tema caldo su fronte della Giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura è adesso alle prese con battaglie interne che coinvolgono anche la nomina del procuratore capo di Catania. Al Csm torna sotto i riflettori la vicenda di Rosanna Natoli, componente laica del consiglio in quota Fratelli d’Italia, che già alcuni mesi fa è stata accusata di aver rivelato atti di inchiesta alla magistrata Maria Fascetto Sivillo, condannata dal tribunale di Messina, la quale doveva affrontare un provvedimento disciplinare. In queste ore Natoli ha presentato al comitato di presidenza del Csm una richiesta di annullamento di tutte le delibere di plenum dello scorso 17 luglio, per essere stata impedita la sua presenza alla seduta con azioni che l’hanno “terrorizzata, forzata e violentata psichicamente da parte dei consiglieri di Area e di Md”. Dichiarazioni smentite e rispedite al mittente dai rappresentanti dei due gruppi. Nella sua richiesta Natoli precisa che le era stato riferito di una consigliera del Csm, la quale “aveva comunicato al vice presidente che qualora fossi entrata in aula consiliare per partecipare ai lavori del plenum (il 17 luglio scorso, in cui si è votato per la nomina del procuratore di Catania) avrebbero, in apertura e in collegamento con Radio Radicale, diffuso, mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta Usb”. La stessa pennetta conterrebbe le dichiarazioni spontanee fornite durante un’udienza del 16 luglio al Csm dalla magistrata Sivillo, riguardo alla vicenda finita negli atti dell’inchiesta che vede Natoli indagata. Aldilà delle polemiche, c’è di più nell’istanza di annullamento di quel plenum, in cui Natoli fa particolare riferimento al conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania a Francesco Curcio. Per questo alcuni dei candidati a quel ruolo stanno adesso valutando l’ipotesi di presentare ricorso contro la nomina nell’incarico di Curcio e, nelle more, di disporre il differito possesso nell’incarico. Gli altri tre candidati erano altrettanti procuratori aggiunti nello stesso ufficio: si tratta di Sebastiano Ardita, Ignazio Fonzo e Francesco Puleio (successivamente proposto all’unanimità come procuratore a Ragusa). Intanto il comitato di presidenza del Csm ha affrontato in queste ore l’argomento della mozione che riguarda la rimozione di Natoli, da portare in plenum il prossimo 11 settembre.

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