Accettare l’offerta del «diritto di tribuna» e assicurarsi almeno un posto, o due, nel prossimo Parlamento. O declinare l’invito, come hanno già fatto Bonelli e Fratoianni, e rimanere a capo della lista dell’ape. La mossa di Enrico Letta, che stringe l’accordo con Azione e Più Europa e offre ai potenziali alleati spazio nel listone «Democratici e progressisti», spiazza il neonato Impegno Civico, e coglie di sorpresa lo stesso Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri chiama il segretario Dem alla Farnesina per capire meglio i contorni di una proposta che, di primo impatto, rischia di tagliare le gambe al progetto coltivato dopo l’addio ai 5 Stelle. La «tribuna», almeno sulla carta, è aperta ai «leader» delle liste alleate, quindi eventualmente ai soli Di Maio e a Bruno Tabacci. In quanto «ex», secondo le clausole dell’accordo di Letta e Calenda, Di Maio non può puntare a un collegio uninominale – che invece potrebbe essere riservato a Tabacci. In Parlamento quasi non si parla d’altro: i suoi temono la debacle senza il leader a giocare in prima persona la partita e sarebbero anche pronti a rinunciare alla lista, date le scarse possibilità di superare lo sbarramento. Proprio i sondaggi che danno Impegno Civico sotto il 3% sono anche quelli, però, che lasciano aperta la riflessione.
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