Nervosismo alle stelle nella maggioranza che sostiene il governo Monti. Le incomprensioni e i sospetti incrociati, fino a oggi restati sotto traccia, sono usciti per la prima volta allo scoperto e hanno fatto saltare il previsto vertice tra il premier e i tre segretari Alfano, Bersani e Casini.
giustizia “Rinviato a data da determinarsi, la prossima settimana” ha spiegato lo stesso Monti dopo che Alfano aveva fatto sapere che avrebbe disertato l’incontro. Monti ha subito gettato acqua sul fuoco, ma non è riuscito a spegnere tutte le polemiche che, al termine della giornata, avevano investito tutti i partiti e anche un paio di ministri. Il premier ha perso atto dell’appuntamento saltato e ha assicurato di non prevedere conseguenze “per l’operatività del governo a breve, medio e lungo termine”: la collaborazione tra partiti e governo, ha aggiunto, non si è “incrinata”. Tentando di circoscrivere l’accaduto alla normale dialettica tra forze politiche, Monti ha spiegato che l’annullamento dell’incontro con i segretari è dipeso da “ragioni inerenti ai rapporti tra i tre principali partiti”. Ma questa è solo una parte della verità: in realtà a far saltare la mosca al naso del pdl è stato il ministro della Giustizia Paola Severino, che martedì ha avuto un incontro con i soli Casini e Bersani. Inutile dire che lo stato maggiore del pdl è andato su tutte le furie, sospettando che il ministro avesse chiuso accordi con il Pd e il Terzo Polo. “Alcuni tecnici dimostrano un’imperizia superiore all’accettabile, muovendosi in modo goffo e non equilibrato”, ha commentato acido Maurizio Gasparri, seguito da molti altri esponenti del pdl. Severino si è difesa, assicurando che l’incontro con Bersani e Casini è stato “casuale e molto breve” e di aver comunque informato Alfano di quanto si era discusso. All’incidente della Severino si è aggiunto il menù del vertice con Monti, che il pdl ha giudicato troppo indigesto: non si sarebbe parlato solo di provvedimenti economici ma anche di due temi spinosi come la rai e la giustizia, con particolare riguardo al ddl anticorruzione che il Pd vorrebbe inasprire. “Ci eravamo sbagliati a credere che i problemi degli italiani riguardassero l’economia”, è stato il commento sarcastico con cui Alfano ha spiegato la decisione di dare forfait. “Se lì mi devo incontrare per soddisfare la sete di poltrone Rai o per far restare unito Bersani e Vendola e Di Pietro sulla giustizia sarebbe il teatrino della politica”. Detto fatto: Alfano ha alzato il telefono e ha comunicato a Monti che non si sarebbe fatto vedere. “Atteggiamento incredibile”, ha commentato Bersani appena saputo della decisione del segretario pdl. Per stemperare i toni, Alfano ha assicurato che la fiducia verso il governo è immutata e che “il pasticcio di oggi non è responsabilità di Monti”. Ma ormai il pasticcio era fatto. Tra i ministri di Monti non tutti hanno fatto finta di niente. Il ministro della cooperazione Andrea Riccardi, parlando con Paola Severino, ha commentato con parole severe il vertice saltato: “Alfano voleva creare il caso, vogliono solo strumentalizzare. E’ questa la cosa che mi fa più schifo della politica”. Pioggia di critiche imbufalite nel pdl, che ha posto il ministro di fronte all’aut aut: smentisca tutto o si dimetta. Solo le scuse in extremis di Riccardi hanno impedito che il caso degenerasse. Ma il clima è teso anche sull’altro versante della maggioranza. Lo testimonia lo scontro sfiorato tra pd ed esecutivo sul decreto semplificazioni, in discussione alla Camera: i rappresentanti del pd in commissione sono arrivati a minacciare di non votare la fiducia se il governo avesse ignorato il testo votato della commissione. La mini-crisi è rientrata in serata ma ha dimostrato che il Parlamento non è più un luogo del tutto sicuro per il governo Monti.