La misura e’ quasi colma. Silvio Berlusconi non ha affatto digerito ‘l’imboscata’ subita al Senato dal Pdl: i patti erano chiari e quanto successo ha rilevanza politica. Il Pd deve cambiare rotta o cosi’ va a sbattere, ha commentato a caldo il Cavaliere. Non possono continuare a credere di poter scegliere chi e’ presentabile e chi non lo e’ e poi prendersi i nostri voti per i loro candidati e per il governo, e’ il ragionamento.
Ma sebbene la linea della responsabilita’ continui a prevalere, l’ex premier non ha nessuna intenzione di subire ulteriori diktat e veti, per di piu’ senza essere ancora andato all’incasso di misure care al Pdl. Da qui la convocazione per domani di un vertice dello stato maggiore del partito per ‘ricalibrare’ la strategia e fissare alcuni paletti imprescindibili: basta con il senso di superiorita’ del Pd; subito i primi provvedimenti targati Pdl (Imu, esenzioni fiscali per chi assume, stop aumento Iva e revisione dei poteri di Equitalia); niente scherzi sulla giustizia, su quel terreno non cediamo. Del resto, il fronte giudiziario e’ ancora bollente, le sentenze potrebbero arrivare in tempi brevi e l’ex premier si tiene in equilibrio tra la necessita’ di alzare la voce e mandare i primi avvertimenti e la volonta’ di non offrire pretesti per inasprire nuovamente il clima, ne’ con la sinistra ne’ con i giudici. Ma la pazienza, avvertono i fedelissimi del Cav, ha un limite. E la dead line fissata sono i provvedimenti economici: li’ alzeremo la posta e se Letta non manterra’ gli impegni – e’ il ragionamento – non garantiamo sulle conseguenze. Dunque, l’intenzione dell’ex capo del governo e’ di fissare alcuni paletti, a partire dai rapporti interni alla maggioranza, fino a confermare la richiesta della presidenza della Convenzione.L’incidente in commissione Giustizia al Senato brucia e non poco al Pdl, il malumore e’ palpabile. Lo stesso manifestato al telefono da Silvio Berlusconi, che – viene riferito – dopo le due fumate nere ha parlato direttamente con Schifani per chiedere lumi, per poi sentire anche Brunetta e Cicchitto. Denis Verdini ha subito contattato il capogruppo democratico Zanda: cosi’ non va, l’accordo era un altro, avrebbe esordito. Ma, come avvenuto anche ieri, prevale la prudenza. A fatica, tuttavia, i vertici riescono a tenere i ranghi, l’insoddisfazione nel Pdl e’ molta e si va ad aggiungere al malumore latente di quanti sono rimasti a bocca asciutta anche nell’ultimo valzer di poltrone. Insomma, il bubbone e’ scoppiato e rischia di coinvolgere la tenuta stessa dell’esecutivo. Non che Berlusconi abbia cambiato idea: Letta deve andare avanti, dobbiamo incassare i primi provvedimenti del nostro programma, e’ il refrain. Ma l’umore non e’ certo dei migliori. E come gia’ successo in altre circostanze simili, quando e’ meglio tacere che parlare a caldo, l’ex premier decide di restare in silenzio (circolava la voce di una sua intervista nel pomeriggio a Studio Aperto, poi annullata), parlera’ domattina a Canale 5. Il Cavaliere e’ consapevole dei mal di pancia crescenti nel partito, lui stesso ha dovuto digerire controvoglia i veti sulla sua persona alla guida della Convenzione e i distinguo nel governo – vedi Fassina – sull’Imu. Ma la realpolitik impone ben altro atteggiamento e Berlusconi lo sa bene. C’e’ la parola data a Napolitano che, tra l’altro, in caso di crisi di governo potrebbe direttamente optare per le dimissioni, senza prima paassare per lo scioglimento delle Camere e cosi’ il Pdl resterebbe con un pugno di mosche in mano, per di piu’ con l’onta di aver fatto cadere il governo per questioni di spartizioni di poltrone e ambizioni personali. Se mai crisi dovra’ essere, e’ il refrain, sara’ nel merito dei provvedimenti. Il banco di prova sara’ proprio l’Imu. Ma certo, viene spiegato, la linea sul campo va modificata: il Pd non puo’ pensare di fare come se fosse da solo al governo, ha osservato oggi l’ex premier con i suoi interlocutori. Letta e’ a palazzo Chigi grazie ai nostri voti e con questo deve fare i conti: la pacificazione non puo’ essere a senso unico, e senza ‘ritorni’. Il problema e’ che il Pd al momento e’ privo di una guida e le varie correnti sono difficilmente governabili. In piu’, resta il timore che l’ala estrema del Pd possa avvicinarsi al M5s e fare asse su provvedimenti sgraditi al Cavaliere.