Il Consiglio dei ministri esaminerà domani pomeriggio il decreto che taglia i costi dei Consigli Regionali, con ampie sforbiciate al numero dei Consiglieri e alle indennità. Si tratta di norme sollecitate dagli stessi Governatori la scorsa settimana.
Però, visto che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, il Governo incontrerà domani mattina i rappresentanti dei Presidenti delle Regioni per essere sicuri che non ci saranno ricorsi. Intanto in un clima di confusione si è bloccata alla Camera la legge di iniziativa popolare che taglia le indennità a parlamentari e consiglieri regionali a causa dell’inerzia del Governo, mentre è stata approvata la legge sui “portaborse” che evita il triste fenomeno del lavoro nero nelle Camere. Il decreto del governo non si scosta molto dal documento portato dai Governatori al sottosegretario Antonio Catricalà la scorsa settimana, documento che a sua volta non si discostava dall’articolo 14 della manovra Tremonti dello scorso agosto (il decreto 138) che prevedeva la riduzione dei Consiglieri e dei loro stipendi. La manovra demandava alle regioni il compito di attuarle entro sei mesi, cosa che naturalmente non è avvenuta. L’indignazione dell’opinione pubblica dopo il Lazio-Gate, ha indotto Consigli e Giunte regionali a fare quello che non hanno fatto in questi 15 mesi. Alcuni Consigli hanno già provveduto a ridursi i Fondi e le poltrone. Oggi la Camera ha approvato le leggi per la riduzione dei consiglieri in tre Regioni a statuto speciale, Friuli, Sardegna e Sicilia, secondo le procedure costituzionali. A questo punto a doversi adeguare ai criteri della manovra Tremonti sono solo alcune Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Umbria e Lazio. Quest’ultimo è sciolto e quindi interverrà il potere sostituitvo dello Stato, appunto col decreto. Nell’incontro con le Regioni il Governo vuole capire se può procedere con i tagli direttamente con il decreto, e in tal caso vuole essere sicura dell’assenza di ricorsi alla COrte costituzionale. Oppure si può fare una norma che riapra i termini per l’adeguamento delle Regioni ai criteri della manovra Tremonti, ma con esplicitando che in caso di inerzia delle Regioni ci sarà il potere sostitutivo dello Stato. Alla Commissione Affari costituzionali della Camera si è bloccata la legge di iniziativa popolare che taglia le indennità di parlamentari e consiglieri regionali alla media europea. Il Governo infatti non ha nominato i nuovi membri della commissione incaricata di fare i calcoli, dimessisi lo scorso dicembre. L’imbarazzo è bipartisan, ma si lavora ad una legge che intervenga sulle sole indennità di deputati e senatori basandosi sui dati del Parlamento europeo. E da quest’ultimo è stato mutuato il sistema per la legge sui cosiddetti “portaborse”, approvata oggi a Montecitorio. In base ad essa Camera e Senato non daranno più i soldi cash ai parlamentari per i loro collaboratori, ma pagheranno questi ultimi direttamente. Si evita così il fenomeno del lavoro nero o di senatori e deputati che intascano i soldi pur non avendo alcun collaboratore.