Pressati da una recessione incombente e i rischi di ‘inceppamento’ del sistema finanziario, i paesi del G7, a sorpresa, hanno deciso nella tarda serata di lanciare un segnale di fiducia ai mercati finanziari scossi anche dal caso Stark.

Al termine di una lunga giornata di lavori il G7 ha annunciato una “risposta internazionale forte e coordinata” e un impegno al taglio del debito e di consolidamento dei bilanci pubblici attraverso politiche che non mettano a rischio la crescita. Il dilemma è sempre quello di non deragliare dai piani di risanamento come ha sottolineato il presidente della Bce Jean Claude Trichet e poi il commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn, secondo cui è molto importante che i paesi europei e in particolare la Grecia abbiano ribadito l’impegno a onorare i propri debiti. Ma Trichet, e prima di lui il governatore della Banca di Francia Christian Noyer, hanno rassicurato sulla salute e liquidità del sistema bancario europeo grazie anche ai massicci interventi delle banche centrali. Il rischio, non detto, è quello di un arresto dei meccanismi di trasmissione tra banche ed economia. Per Trichet infatti è cruciale ristabilire subito la fiducia sui mercati mentre per Noyer gli istituti di credito europei possono sopportare questa situazione e anche un suo peggioramento.

Quindi i due banchieri centrali hanno smentito qualsiasi altra ipotesi dietro le dimissioni di Stark che non sia quella ufficiale: motivi personali. Per il componente tedesco si era parlato di gravi dissensi sull’acquisto dei bond di Italia e Spagna. Ma Trichet (Draghi aveva evitato ogni commento sebbene alcune voci non controllate riferivano che sapesse della vicenda già da venerdì’) ha ricordato come Stark sia suo amico da 18 anni e sempre leale a un’istituzione che si fregia di essere “fieramente indipendente”. Nessun impegno formale è arrivato invece sui cambi, come chiedeva il Giappone. C’é unicamente un generico impegno a consultarsi “strettamente su possibili azioni sui mercati valutari”.

Nuovo inatteso colpo è stato assestato ai mercati: le dimissioni dalla Bce di Juergen Stark, componente tedesco del comitato esecutivo dell’istituto. Si sapeva che era contrario all’acquisto di titoli di Stato di Paesi membri (come Italia e Spagna) e adesso per la Banca centrale europea sarà per assurdo più difficile proseguire con quella politica. Il risultato è stato immediato: le Borse europee, già piuttosto deboli, sono crollate alle prime indiscrezioni sulle dimissioni del capoeconomista tedesco, con Milano che ha di nuovo messo a segno la peggiore di giornata. Nuovo crollo anche a Wall Street, dove il Dow Jones – che a tratti perdeva oltre il 3% – a fine giornata si è assestato sul -2,69%, lasciando sul terreno 303,68 punti.

Questo nonostante il piano da 450 miliardi di dollari annunciato dal presidente statunitense Barack Obama per rilanciare crescita e coccupazione. La nova seduta di passione di Piazza Affari, che ha ceduto quasi il 5%, si è tradotta in altri 15,6 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati in una sola giornata di contrattazioni, a fronte dei 157 miliardi ‘persi’ dai 600 principali titoli quotati sui listini europei. Ora per la Borsa di Milano la nuova barriera è quota 14mila per l’indice Ftse Mib, ai suoi minimi storici da quando è nato, cioé da fine marzo 2009, anche se il livello più basso dal paniere dei titoli principali della Borsa milanese era stato raggiunto una ventina di giorni prima, con il ‘precedente’ S&PMib. Adesso ci si trova solo 20 punti sopra questo supporto. Tra scambi abbastanza elevati, 2,4 miliardi di euro di controvalore, fortissime le vendite su tutti i titoli bancari: Unicredit, Banco Popolare e Intesa SanPaolo hanno ceduto oltre l’8%.

Molto male anche Monte dei Paschi e Ubi (-6%) e pesanti cali per tutto il gruppo Fiat: il titolo Industrial e la società dell’auto hanno perso il 7%. Dal bagno di sangue si è salvata Edison, salita di quasi il 10% sulle ipotesi di un’operazione tra soci italiani e francesi che darebbe vita a un’Opa a prezzi molto superiori agli attuali. Alle dimissioni di Stark si sono innestate le indiscrezioni sulle idee del cancelliere tedesco Angela Merkel, che starebbe pensando a un progetto di sostegno alle banche in caso di ‘default’ della Grecia, che quindi si starebbe facendo più concreto. Così lo spread dei titoli di Stato italiani rispetto ai tedeschi è schizzato fino a 370 punti, per poi chiudere sul mercato ufficiale a quota 363. Il differenziale della Spagna è a 338 punti, cioé 25 punti in meno dell’Italia.

Ma le vendite non hanno evidentemente colpito solo mercati e titoli italiani. La Borsa di Madrid ha ceduto il 4,44%, Francoforte il 4,04%, Parigi il 3,60%. Londra ha cercato di contenere le perdite con i titoli dell’energia e delle materie prime, ma alla fine ha accusato un calo di oltre due punti percentuali. Si è salvata solo la Borsa di Atene, alla fine invariata, che scommette sul fatto che in una situazione come l’attuale nessuno si può permettere il tracollo dell’euro e quindi della Grecia. Le vendite in tutto il Vecchio continente, come in Piazza Affari, si sono accanite soprattutto sui titoli bancari (-5,25% l’indice Stoxx di settore) e sugli assicurativi (-4,79% medio). Male in particolare hanno chiuso Societé Generale, che ha ceduto il 10,58%, Barclays (-9,43%) e Commerzbank, in calo finale dell’8,69%.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui