“Io sto andando in Centro America e l’ultimo dei miei pensieri è correre dietro a fantasie che al momento non hanno nulla di concreto”. Ma sull’ingresso in politica “mai dire mai vale per tutti, anche per i magistrati in partenza per il Guatemala”.
Lo afferma il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, in una intervista al Corriere della Sera, sottolineando che “candidarsi è un diritto di tutti” e che intanto dall’estero continuerà a “partecipare al dibattito italiano, in modo più libero visto che finora mi dicevano che un pm non può parlare”. Nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, dice, “siamo arrivati al livello dei patti indicibili, stretti non da singoli politici o colletti bianchi ma da uno Stato che siglava accordi per una presunta ragion di Stato. Su questo gradino siamo ancora malfermi in attesa delle sentenze ma evidentemente abbiamo già dato sufficiente fastidio”. E comunque ora “per saperne di più bisognerebbe ottenere la collaborazione almeno di qualche uomo-cerniera tra la mafia e le istituzioni e non mi pare aria”. Quanto alle critiche arrivate anche da sinistra, Ingroia dice di sentirsi “un po’ tradito perché mi considero parte di quel mondo”. E “mi viene il sospetto che queste critiche più che dai miei comportamenti o dai presunti errori derivino dal fatto che con l’inchiesta sulla trattativa siamo andati fuori linea”. “Io però – aggiunge – non ho da seguire linee ma da cercare la verità “.