A fare da contraltare all’entusiasmo di Mario Monti per la riforma del lavoro che da martedi’ sara’ all’esame del Senato, ci ha pensato gia’ ieri sera il segretario del Pdl Angelino Alfano che dopo un lungo ‘caminetto di guerra’ al partito si e’ presentato davanti le telecamere di Porta a Porta per mettere in chiaro che l’accordo con il premier si basa ”sulla parola”.
Parole, quelle del leader del Pdl, che suonano come una frenata. Nonostante il segretario chiarisca che l’approvazione del testo non e’ in discussione preannuncia che il suo partito ha intenzione di apporre delle modifiche perche’ la bozza cosi’ come e’ stata redatta non va bene. Nessuna intenzione di venir meno agli accordi presi, ma al vertice del Pdl, riunito con il segretario, non e’ sfuggito che il disegno di legge presentato dal premier e dal ministro del Welfare Elsa Fornero recepisce, nella sostanza, ben poco delle 7 richieste racchiuse in un documento che proprio da via dell’Umilta’ era stato recapitato al ministero Lavoro. Ecco perche’ l’ordine impartito e’ quello di alzare i toni, un modo per mettere in chiaro che le modifiche alla riforma appaiono solo come il frutto di una vittoria del Pd: il fatto che piaccia alla Cgil e non alle imprese la dice lunga, e’ il ragionamento che fa un ex ministro presente alla riunione con Alfano. A rincarare la dose tra l’altro e’ proprio l’ex Guardasigilli: ”Al Senato opereremo per modifiche e miglioramenti che possano garantire nuova occupazione e che vadano incontro alle preoccupazioni manifestate dalle imprese” avverte il leader pidiellino sintetizzando quanto avevano poche ore prima i due capigruppo del partito Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. E’ toccato infatti al presidente dei senatori mettere in luce il malumore che serpeggia nel Pdl: ”Monti ha ceduto ai punti che Bersani riteneva intoccabili. Ha creato un precedente”, attacca Gasparri che promette battaglia sulla flessibilita’ in entrata e la tutela delle piccole e medie imprese. A fare da controcanto ci pensa, alla Camera, il suo omologo Cicchitto: ”Il Pdl riproporra’ in Aula le norme sulla flessibilita’ non accolte nel disegno di legge del governo”, mette in chiaro il capogruppo che bolla la riforma come un ”sofferto compromesso” a cui il governo dovra’ far seguire ”altre intese” se ”vuole avere i voti del Pdl”. Difficile non immaginare che i toni scelti dal gruppo dirigente del partito non facciano parte di una strategia ben precisa anche alla luce delle elezioni amministrative. La richiesta di modifiche va incontro alla necessita’, a detta dei pidiellini, di riequilibrare un testo troppo sbilanciato nei confronti dei Democratici. E poi, c’e’ da pensare anche al dopo. Perche’ se sulla riforma del lavoro via dell’Umilta’ e’ costretta ad ”abbozzare” sul fisco, prossimo capitolo del governo, puo’ provare ad alzare di piu’ la posta pressando il governo su interventi per la crescita. La prossima battaglia e’ contro l’ipotesi di alzare, a settembre, l’Iva di uno o due punti percentuali. Un’idea contrastata in primis da Silvio Berlusconi, cosi’ come l’Imu, la tassa sulla casa reintrodotta dal governo. La richiesta che Alfano ha gia’ fatto pervenire al Professore lascia poco spazio a fraintendimenti: rendere l’imposta rateizzarla e una tantum.(