Un contratto “prevalente” con un lungo periodo di prova che sostituisca le oltre 40 forme contrattuali esistenti: è una delle ipotesi sulle quali sta lavorando il Governo in vista degli incontri con i sindacati che dovrebbero essere fissati per la prossima settimana con l’obiettivo di riforma del mercato del lavoro.
Accanto al contratto prevalente con un periodo di prova che potrebbe essere portato fino a tre anni dovrebbero resistere solo altre due forme contrattuali, l’apprendistato e il contratto stagionale, mentre dovrebbero andare verso l’eliminazione i contratti a progetto e gli altri rapporti di collaborazione laddove mascherano un sostanziale rapporto di lavoro subordinato. Il contratto prevalente quindi sembra prendere quota rispetto alla proposta Ichino (che prevede per i nuovi assunti la possibilità di licenziamento individuale per motivi economici di fatto mandando in soffitta il diritto al reintegro nel caso di licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). E’ possibile anche che si ragioni, come hanno più volte chiesto i sindacati, sull’unificazione dei contributi previdenziali per tutte le categorie (al momento i lavoratori dipendenti pagano il 33%, i collaboratori al 27,72% mentre commercianti e artigiani arriveranno al 24% solo nel 2018).
Ma il punto centrale della riforma resta quello degli ammortizzatori sociali, il tema di fronte al quale gli ultimi Governi si sono bloccati a causa della mancanza di risorse. Anche in questo caso è chiaro che sarà complicato rendere più flessibile il mercato del lavoro senza pensare a indennità di disoccupazione più sostanziose e comunque a un sistema che non distingua ancora una volta tra i deboli e i forti. Il “confronto col governo Monti non va sprecato”, avverte la Cgil. Ma non devono pesare i tempi stretti, “temi in agenda e tempi dell’agenda sono egualmente importanti”; e “occorre definire le priorità” a partire da fisco, crescita, lavoro, produttività, pensioni e rappresentanza. I sindacati comunque avvertono che nella riforma del mercato del lavoro vanno coinvolte anche le imprese. “Bisogna cambiare le regole sul mercato del lavoro – ha detto il numero uno della Uil, Luigi Angeletti – e bisogna coinvolgere le imprese.
La discussione va fatta con sindacati e imprese. Troverei curioso che la discussione venga fatta senza chi quelle regole deve applicare”. Sulla stessa lunghezza d’onda il leader Cisl, Raffaele Bonanni che torna a chiedere un patto tra il Governo e le parti sociali, auspicando “un salto di qualità” del governo Monti perché, avverte, “senza concertazione il Paese sarebbe allo sbando”. Mentre sull’articolo 18, senza entrare nel merito, Bonanni ribadisce la posizione “di chi non ha mai posto veti e non accetta veti da parte di nessuno” auspicando “una discussione a tutto tondo senza soluzioni preconfezionate”. E dall’Ugl il segretario generale Giovanni Centrella puntualizza: “Siamo pronti a dialogare con Monti, non però sull’articolo 18”.