Pier Ferdinando Casini, con sapiente arte democristiana, minimizza e nega un legame tra il voto in commissione ed il Monti bis. Ma nel Pd non ci sono dubbi: dietro la soglia del 42,5 per cento per raggiungere il premio di maggioranza, il disegno è impedire al Pd di vincere e creare un nuovo governo formato dal Professore e benedetto dal Quirinale.
“Evidentemente c’é qualcuno che per paura che governiamo noi vuole impedire la governabilità”, si infuria Pier Luigi Bersani che fa sapere a tutti i livelli, Colle incluso, che il Pd così “non ci sta” e va almeno previsto un ‘premietto’ del 10 per cento al primo partito in caso nessuno raggiunga la soglia. Il blitz di Pdl-Lega-Udc, gli “stessi autori del porcellum”, come ricorda Marco Follini, era nell’aria già dalla mattinata. Per questo Bersani convoca alla Camera capigruppo, sherpa e tecnici del partito sulla legge elettorale per capire come impedire un “colpo di mano” che, per di più, avrebbe messo all’angolo il Pd come il partito che non vuole la riforma elettorale. La soluzione è pretendere in commissione il cosiddetto lodo D’Alimonte, ovvero che, nel caso in cui nessuna coalizione raggiunga la soglia del 42,5 per cento, si preveda un premio di non meno del 10 per cento alla prima lista che in quel modo diventa “azionista di maggioranza” nella formazione del governo. Certo, l’aria che tira, anche sondando l’Udc, non lascia presagire nulla di buono e al vertice del Pd suona come una minaccia il fatto che il premier Mario Monti faccia sapere dal Laos che l’intervento del governo è “tecnicamente possibile ma non auspicabile”. In commissione il Pd batte i pugni sul tavolo e il presidente della commissione Carlo Vizzini sembra disposto ad accantonare il voto sulla soglia. Ma, a quanto raccontano, sarebbe stato Roberto Calderoli a chiedere la prova di forza del voto. L’Idv si allinea al no del Pd, quasi a voler tendere la mano nella speranza che si riapra la possibilità di un’alleanza, mentre l’Udc tira dritto, vota sì alla soglia e sbarra la strada al Pd proponendo un ‘premietto’ del 5 per cento nel caso nessuno raggiunga lo sbarramento. Il capogruppo Anna Finocchiaro sbatte la porta e dichiara “rotto” il dialogo. Ma è soprattutto nella pancia del partito che esplode la rabbia. “A questo punto Monti può fare un decreto per rinviare le elezioni”, sibila in Transatlantico Gianclaudio Bressa e c’é anche chi si spinge a proporre di staccare la spina al governo per andare al voto con l’attuale legge. Ed il malumore si rivolge anche verso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha sollecitato una riforma sulla scorta anche dei rilievi fatti dalla Corte costituzionale sulla necessità di una soglia. Dando così, attaccano nel Pd, il pretesto a Pdl-Lega-Udc per forzare la mano e approvare a maggioranza il testo. “Così non è accettabile – si sfoga un dirigente democrats – Napolitano vuole Monti, noi no”. Ma dal Colle si invita tutti i partiti, riferiscono fonti parlamentari, a guardare all’interesse generale e condivisibili oltre qualsiasi posizione di parte, priorità che Napolitano ha avuto “fin dall”inizio del settennato”, come ha ricordato oggi lui stesso. Il segretario Pd mastica amaro anche davanti allo ‘sgambetto’ di Casini che gli aveva assicurato che non ne avrebbe fatti. La levata di scudi del Pd, però, sembra produrre qualche risultato già in serata quando sul tavolo della trattativa sembra arrivare un emendamento sul ‘premietto’. E davanti alla ripresa dell’attività parlamentare, il governo ripone nel cassetto possibili interventi e decide di restare alla finestra.