Domani sarà il giorno in cui Enrico Letta avvierà ufficialmente le consultazioni per la formazione del governo, ma il premier incaricato in realtà avrebbe iniziato sin dal primo pomeriggio i contatti con le varie forze politiche, Pdl in testa, per capire che tipo di margini ci sono per dar vita ad un governo.
In attesa che Silvio Berlusconi arrivi in America e contatti i big pidiellini, la linea resta immutata: garanzie sulla natura del governo, il più possibile politico, e un programma chiaro che racchiuda alcuni ‘cavalli di battaglia’ del Popolo della Libertà, innanzitutto l’abrogazione dell’Imu (il Cavaliere vorrebbe che venissero restituiti i soldi già versati nella prima tranche) e poi gli sgravi alle imprese. L’ex premier ha fatto sapere di essere disponibile a trattare essendo stato il primo, subito dopo le elezioni, a sponsorizzare un governo di larghe intese. L’asticella delle richieste però resta alta visto che il Cavaliere ha intenzione di ‘strappare’ il più possibile delle garanzie da poter giustificare il sì ad un esecutivo con il Pd. Sul piatto poi c’é la questione ministri, anche per quanto riguarda il dicastero della Giustizia. La richiesta è che la squadra, anche se snella, sia caratterizzata da politici. A via dell’Umiltà ci sono forti malumori sull’ipotesi che nel nuovo governo ci siano ministri che abbiano già fatto parte dell’esecutivo Monti, a partire dallo stesso premier uscente. Ma il Pdl ha anche problemi interni: al di là di Angelino Alfano (per cui si ipotizza il ruolo di vice premier o, in alternativa, un ministero ‘pesante’) sugli altri possibili candidati si sarebbe avviata una partita di veti incrociati. La strada dunque è in salita e la tentazione del voto resta ‘ghiotta’ per l’ex premier convinto, sondaggi alla mano, di poter recuperare andando a votare subito buona parte dei voti finiti a Grillo. Ecco perché, come spesso accade, la strategia rimane quella di giocare su più tavoli: trattare per ottenere il massimo da Enrico Letta ed evitare di addossarsi la ‘colpa’ di un’eventuale non nascita del governo ma, contemporaneamente, tenere alta la tensione e serrare i ranghi per una possibile campagna elettorale.