Enrico Letta chiede al Parlamento di seppellire il Porcellum, restituendo al piu’ presto al “cittadino arbitro” la possibilita’ di scegliere. Ma aprendo il Meeting di Rimini fra gli applausi del popolo di Cl, il presidente del Consiglio lancia un monito, rivolto soprattutto al Pdl: “Nessuno interrompa il percorso di speranza che abbiamo cominciato” con il governo delle larghe intese.


Perche’, ammonisce il premier, “gli italiani puniranno chi anteporra’ interessi personali e di parte rispetto all’interesse comune di uscire dalla crisi”. Un obiettivo, questo, che secondo Letta “e’ a portata di mano” e verso il quale il suo governo puo’ portare l’Italia. Il presidente del Consiglio, che a Rimini mette fine alle sue brevissime vacanze agostane, cita un salmo della Bibbia caro a don Giussani, ma anche Collodi e Pinocchio “da buon toscano”; riceve un’accoglienza calorosa dal popolo di Cl, che lo accoglie “con gratitudine, stima ed amicizia, in queste settimane cosi’ travagliate per la vita del Paese e del mondo”. Letta tocca le corde del movimento parlando di sussidiarieta’ ma attacca anche i “professionisti del conflitto”, chiedendo “di privilegiare la forza fecondatrice dell’incontro, che non e’ annullamento della propria identita’ ma fa paura solo a chi e’ incerto della propria identita’ e dei propri valori”. Un concetto che suona diretto a chi critica la “strana maggioranza” che sorregge il governo delle larghe intese e che invece tanto piace ai ciellini. E allora, avanti tutta sulla riforma della legge elettorale, che per Letta “andra’ approvata a ottobre” ed “e’ il cambiamento piu’ urgente da fare”. Il premier mette l’accento anche sull’abolizione del finanziamento pubblico per ridare “ai cittadini il potere di dare, se vogliono, il loro finanziamento”, tenendo conto anche del “terremoto” delle elezioni. “Non possiamo dire – sostiene – che a febbraio non e’ successo nulla: e’ successo un terremoto che ha riguardato tutte forze politiche e ha cambiato il modo di essere dei cittadini italiani. Quella e’ stata l’ultima richiesta alla politica di cambiare e noi non possiamo essere sordi”. A maggior ragione dopo quel terremoto, prosegue Letta, citando le parole pronunciate dal presidente Napolitano proprio aprendo il Meeting di Rimini due anni fa, “la politica deve parlare il linguaggio della verita’”. E deve volare alto, perche’, spiega, “non ce la facciamo senza politica, purche’ sia buona. Insomma, pur sentendo “il senso del limite”, Letta vuol portare il Paese in un porto sicuro a maggior ragione dopo che negli ultimi due anni ”si e’ compiuto un percorso faticoso e doloroso”. E pensa di potercela fare nel 2014, “che puo’ essere anche l’anno del nuovo inizio anche per l’Europa”, se la sua maggioranza continuera’ a sostenerlo. “Adesso – insiste – l’uscita dalla crisi e’ a portata di mano; e’ possibile a seconda di cosa facciamo noi. Se guardiamo al futuro usciremo dalla crisi; se ci fermiamo con la testa sempre rivolta al nostro passato non usciremo dalla crisi”. Un percorso che deve articolarsi secondo quelle che ritiene essere le tre parole chiare per l’Italia: “Tempo, terra e bellezza, tre aspetti su cui non e’ possibile non concentrarsi per tornare a far essere l’Italia appetibile”. Il pensiero, poi, va al dramma dell’Egitto. “Non possiamo essere fermi e silenti rispetto a quello che sta accadendo. Non e’ possibile. E’ il dramma dei giorni nostri: si vedono quelle immagini e si discute dei turisti in vacanza”, sbotta il presidente del Consiglio che chiede una voce sola davanti all’ennesima crisi internazionale all’Europa. Che, accusa, “cosi’ non va” perche’ “oggi ha istituzioni che non permettono di decidere. E non si puo’ non cambiarle legandole ai cittadini”.

 

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