L’idea della Convenzione ipotizzata dai ‘saggi’ rischia di trasformarsi in un gigantesco boomerang. Nata per ‘unire’ Pd e Pdl sul cammino delle riforme, ora sta diventando ‘il’ terreno di scontro. Con la ‘strana maggioranza’ in disaccordo su quasi tutto: presidenza, composizione, contenuti e procedura.

“Io non mi impiccherò sulla Convenzione – sbotta alla fine di una giornata densa di polemiche il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello – quello che mi interessa è fare i provvedimenti necessari a migliorare questo Paese. E chi sia a farlo non importa. L’importante è farlo”. “Vorrei ricordare – insiste – che la Convenzione è uno strumento, non il fine”. E quale sorte toccherà a questo ‘organismo’ lo si capirà a breve, subito dopo la costituzione definitiva di Commissioni e Giunte, prevista per martedì prossimo. Nel frattempo i ‘fioretti’ dei quasi-alleati tornano ad incrociarsi sul nome del presidente. Il Cav si è autocandidato nei giorni scorsi e l’ intero Pdl non può che confermare. L’esperienza “alla guida della Nazione e nel consesso internazionale – tuona Maurizio Gasparri – sono garanzia per poterlo indicare alla presidenza della Convenzione”. Il Pd, aggiunge, “sbaglia a porre pregiudiziali”. Tutto “si può discutere – incalza Sandro Bondi – ma nessuno ha il diritto di porre veti sulle persone, tantomeno su chi ha reso possibile la nascita di questo governo”. E il coro è unanime: sono ‘pro-Cav’ Renato Brunetta (“Senza di lui non può esserci né pacificazione né coalizione”), Altero Matteoli, Barbara Saltamartini, Giuseppe Esposito, Elisabetta Casellati, tra gli altri. E altrettanto ‘forte’ e il ‘no’ che arriva dal Pd, Matteo Renzi in testa. “Pensare di fare Berlusconi capo della Costituente è inaudito – afferma – non capisco perché dobbiamo dargli il compito di scrivere la Costituzione per i prossimi 50 anni”. ‘Altola” anche da Stefano Fassina: l’ex premier non è “una figura di garanzia”. La polemica esplode con il neo sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Sabrina De Camillis (Pdl) che ‘bolla’ Renzi come “populista”. Un giudizio che scatena l’ira dei Democratici. Tenta di calmare gli animi Dario Ginefra (Pd) ricorrendo per l’ennesima volta all”arbitro per eccellenzà Giorgio Napolitano. Facciamola presiedere a lui la Convenzione, dice, ma nessuno gli risponde. Se ieri, insomma, la strada per la Convenzione sembrava semplicemente in salita oggi sembra interrotta da una frana. E non solo per colpa di chi dovrà presiederla, ma anche per chi ne dovrà far parte. Secondo Luciano Violante dovrebbero esserci più ‘tecnici’ che parlamentari, mentre per Fabrizio Cicchitto dovrebbe essere l’opposto. E si discute anche sulle procedure. L’idea di un ddl costituzionale che intervenga ‘post’ a riconoscerne i poteri non convince quasi per nulla i ‘puristi’ della materia come Stefano Rodotà secondo il quale l’unica sede possibile per fare le riforme è il Parlamento. Ogni altra ipotesi “é attentato alla Costituzione”. E allora, è l’appello di Pino Pisicchio (CD) e di un gruppo di renziani tra cui Andrea Marcucci, si intervenga subito in Parlamento per affrontare le due vere priorità: cancellare la legge elettorale e riformare i Regolamenti per consentire ai provvedimenti del governo di avere una corsia preferenziale. Altrimenti, se “tutto si sfascia prima c’é anche il rischio che si torni a votare con il Porcellum e questa – commentano nel Pd – sarebbe davvero una beffa”.

 

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