Mario Monti, pubblicamente, ridimensiona l’annullamento del vertice con Alfano, Bersani e Casini, sostenendo che e’ stato causato da ”problemi inerenti ai partiti” e dicendosi convinto che tutto sara’ ricomponibile in breve tempo e senza ”incrinare”’ il sostegno della maggioranza al governo.

Dietro le quinte, pero’, il ragionamento del premier e’ piu’ articolato ed e’ cosi’ riassunto da chi ha avuto modo di parlargli: questo governo ha il dovere di essere ”intransigente” sulla politica economica; su tutto il resto, dalla Rai alla giustizia, puo’ e deve svolgere un ruolo di ”facilitatore” fra i partiti nella speranza che si arrivi ad un compromesso, ma non intende alzare barricate o andare allo scontro in Parlamento. Detto cio’, e nonostante la serenita’ dimostrata dal professore, nel governo cresce il timore di una ”escalation di veti incrociati” (come la definisce un membro dell’Esecutivo) o di un ”Vietnam parlamentare”, per dirla con un esponente di primo piano della maggioranza. Una preoccupazione condivisa dal presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano, che ha avuto modo di incontrare Monti durante una cerimonia a palazzo Giustiniani, ritiene che quanto accaduto confermi l’esigenza di prudenza e equilibrio. La notizia della diserzione di Angelino Alfano, nonostante sembra sia maturata ieri sera dopo un incontro con Silvio Berlusconi, ha colto di sorpresa palazzo Chigi, come riconosce una fonte di governo. Cosi’ come inaspettato e’ stato il fatto che dopo paletti posti dal Pdl (”il governo si occupi di economia, non di Rai o giustizia”, Cicchitto) anche dal Pd e’ arrivato un fermo altola’ all’Esecutivo, stavolta sul decreto semplificazioni. Il timore a palazzo Chigi e’ proprio questo: che dalle questioni che esulano la sfera prettamente economica, il terreno di scontro dei partiti si sposti sempre piu’ su altro, con una escalation di veti incrociati che tocchi anche il ”core business” dell’Esecutivo, ovvero le riforme economiche, dalle liberalizzazioni al mercato del lavoro. Ritenute indispensabili dal governo Monti. ”Alcuni argomenti per noi sono dei must, su cui siamo pronti a mettere la fiducia ogni qual volta appaia necessaria”, spiega un membro del governo. Su altri dossier, invece, ”l’Esecutivo puo’ solo mediare, cercando delle soluzioni di compromesso, ma non puo’ e non vuole andare a sbattere davanti al muro di questo o quel partito”. Questo non significa che il premier abbia perso le speranze. ”Monti ritiene che si siano ancora margini” su Rai e giustizia, sostiene una fonte a lui vicina. Significa pero’ che l’Esecutivo non ha intenzione di alzare barricate o immolarsi sull’altare del provvedimento anti-corruzione, della responsabilita’ civile dei magistrati o della governance di Viale Mazzini. A complicare le cose, pero’, c’e’ il rischio ‘effetto domino’. Non puo’ passare inosservato il fatto che proprio oggi, poco prima che Alfano desse forfait, a varcare il portone di palazzo Chigi e’ stato Fedele Confalonieri. Massimo riserbo sui contenuti del colloquio, durato circa un’ora. Per orientarsi, pero’, puo’ essere utile l’audizione tenuta dallo stesso Confalonieri poco dopo in Commissione bilancio a Montecitorio. Durante la quale il numero uno del Biscione ha detto sostanzialmente tre cose: la situazione dell’azienda non e’ rosea, la crisi ha colpito duro anche la tv di Berlusconi e senza ripresa il rischio di tagli del personale e’ concreto. Una premessa che porta al nodo delle frequenze, sulle quali Confalonieri chiede al governo ”regole certe” e confermando di fatto la sua contrarieta’ a qualsiasi asta. Concetti molto simili – raccontano – a quelli espressi poco prima davanti a Monti. Ma proprio il destino traballante di Mediaset si intreccia con quello della Rai: nel Pd e nel Terzo Polo, infatti, piu’ d’uno e’ convinto che al Biscione una azienda pubblica imbrigliata dall’attuale governance faccia molto comodo. E sarebbe questa, secondo loro, la ragione del niet di Berlusconi a qualsiasi trattativa in proposito. Ma il tema – cosi’ come quello della giustizia – e’ esplosivo, visto che il Pd non e’ intenzionato a cedere. Come dimostra il fatto che Pier Luigi Bersani, pur chiarendo che il governo non cadra’ su questo, ha chiesto all’Esecutivo di assumersi le proprie responsabilita’. Il nodo, dunque, per palazzo Chigi e’ sempre lo stesso: il rischio di una escalation di veti incrociati.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui