Quella in atto non è la crisi dei partiti politici, come nel ’92, ma ”quasi l’opposto: cioé la crisi dei non-partiti, del leaderismo demagogico e populista, nel quale, agli organismi dirigenti e al controllo degli iscritti, si sostituiscono i cerchi magici attorno al capo”. Lo afferma l’esponente del Pd Massimo D’Alema in un’intervista alla Stampa in cui sottolinea che la soluzione non è quella di “liquidare i partiti” ma di “riformarli”, “ridando loro efficienza, trasparenza e capacità di decisione”. I

l presidente del Copasir rifiuta la “contrapposizione ormai di moda” fra “tra tecnici (onesti e competenti) e politici (corrotti e ignoranti)” cosa che a suo avviso “apre la strada al populismo e alla tecnocrazia, che è cosa ben diversa da un esecutivo tecnico”. E poi, aggiunge, “a certi commentatori che si eccitano per Grillo, bisognerebbe far notare che sembra l’imitazione del Bossi di vent’anni fa: e abbiamo già visto come è andata a finire… Poi, certo, è legittimo discutere del finanziamento pubblico dei partiti – prosegue -: ma bisognerebbe dire che è stato già deciso di ridurre notevolmente i rimborsi elettorali”. La vera soluzione per D’Alema sta nel fare quello che agli italiani si promette “purtroppo già da troppo tempo e che ora é diventato assolutamente urgente realizzare: e cioé le riforme necessarie per ridare efficienza al sistema”, non solo una legge “che riformi e renda trasparenti e controllabili i meccanismi di finanziamento dei partiti” ma soprattutto una nuova legge elettorale e poi anche riforme costituzionali, “dalla dalla riduzione del numero dei parlamentari alla fine del bicameralismo perfetto, dai poteri del governo alla sfiducia costruttiva”.

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