I neo parlamentari del Pd si schierano tutti a sostegno del tentativo di Bersani di formare il governo, ma cresce il partito degli scettici sul successo dell’iniziativa. E lo lasciano intendere anche le aree vicine a Enrico Letta e Dario Franceschini, che fanno parte della maggioranza interna. Silenti gli ex popolari di Beppe Fioroni e i liberal di Paolo Gentiloni, mentre su Matteo Renzi si è scatenato il malumore per un presunto “dossieraggio” contro la nomenklatura del Partito.
Il clima già pesante della prima riunione di senatori e deputati Democrats, è stato guastato da un articolo del ‘Corriere della Sera’ in cui si riferisce che Renzi ha fatto commissionare uno studio sulle spese del partito, che sarebbero troppo alte. Articolo che molti dirigenti hanno interpretato come una ‘velina’ imboccata dal ‘rottamatore’. “Ma quale attività di dossieraggio! Per noi è una semplice battaglia politica a viso aperto”, ha tuonato la renziana Simona Bonafé. Ma l’intervento non ha risparmiato al sindaco di Firenze le bordate di Bersani, il quale alzando il tono della voce, ha detto di “non accettare” che il confronto con i M5S per le presidenze di Camera e Senato sia qualificato come “scambio di poltrone”, come invece Renzi lo ha definito nei giorni scorsi. Per altro in serata l’interessato ha invitato i suoi a svolgere in Parlamento bene il loro lavoro “lontano da manifestazioni folcloristiche e da trattative discutibili”. Poi contro di lui ha tuonato anche Dario Franceschini: “dobbiamo convintamente sostenere il tentativo di Bersani, nelle riunioni e sui giornali, evitando comportamenti sdoppiati”. E pure Ileana Argentin ha detto la sua: “lo dico in romanesco, ‘ce stanno i dritti perche’ ce stanno i fessì e lui non può fare il dritto con mé”. A spiazzare i “peones” è arrivato inoltre l’intervento di Francesco Boccia, braccio destro di Enrico Letta: “Noi abbiamo il dovere di dare un governo al Paese, non è in discussione il tornare alle urne”. Della serie: il ‘piano B’ di cui Bersani non vuole sentir parlare, va invece preso in considerazione. Ed anche il franceschiniano Lapo Pistelli fa un ragionamento analogo, proponendo che il Pd tenga per le le due presidenze delle Camere, in modo da attuare il proprio programma di governo anche nel caso in cui il premier non sia il suo segretario. Sono rimasti coperti invece gli esponenti delle due aree che anche in Direzione hanno sostenuto la tesi oggi espressa da Boccia, vale a dire i popolari di Fioroni e i liberal vicini a Gentiloni, che in questa legislatura hanno meno parlamentari di quella precedente. L’unico veramente critico il veltroniano Giorgio Tonini per il quale è stata sbagliata non tanto la comunicazione ma la stessa “linea politica”. Alla fine nella delegazione che dovrà incontrare gli altri gruppi vengono nominati un bersaniano (Davide Zoggia), un franceschiniano (Luigi Zanda) e una mariniana (Rosa Calipari). Ma forse le correnti nate all’ultimo congresso non esistono già più.