E’ “irresponsabile chi parla di scissioni del Pd” mentre bisogna invece pensare “al bene del Paese”. Lo scrive in una lunga lettera a Repubblica l’ex segretario del partito, Walter Veltroni: “Salviamo il Pd. E’ stato il sogno della mia vita politica e sono convinto che una crisi di quel progetto precipiterebbe il paese nell’egemonia di populismi vari, cioé lo avvicinerebbe alla sua crisi definitiva”.

Il Pd, ricorda, “non è nato per essere la somma di due storie del Novecento, stanche di se stesse” ma “era un’identità nuova per l’Italia, una identità non inventata, non sprovvista di radici”. Una identità “post ideologica , fondata sulla convivenza di valori puri e di un riformismo realista”. Essere democratici, dice tra l’altro, “coltivare una idea alta della priorità dell’interesse nazionale e una idea sobria e al tempo stesso orgogliosa della politica” e sapere che “la società civile non è solo un deposito di rabbia da usare elettoralmente come uno spot”. Ma la parola stessa è stata sostituita da “progressisti” e ora invece “sento parlare di spaccature, accordi tra correnti: c’é una specie di nostalgia per i vecchi partiti da cui si proviene”. Invcece “il Pd non deve pensare se stesso come un soggetto limitato nella sua espansione; deve coltivare la sua ambizione di portare al governo del paese non una fragile maggioranza raccolta, con esiti che conosciamo, contro qualcuno, ma un consenso popolare capace di sorreggere quel ciclo riformista senza il quale il paese è destinato a declinare e a sfarinarsi”. “Ho scritto queste parole – conclude Veltroni – per invitare tutti ad avere, in questo momento terribile, la testa sulle spalle e a tenere il paese al primo posto, sempre. Bisogna alzare lo sguardo, tornare a vivere come una comunità di discussione e decisione comune, ridimensionare correnti e gruppi di potere vecchi e nuovi, recuperare autonomia politica e culturale. E occuparsi della vita reale delle persone, offrendo soluzioni concrete e una visione, anche di valori, che accenda finalmente un sogno di futuro in un paese stremato”.

 

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